Se qualcuno avesse provato a contare le Persone che hanno partecipato alla manifestazione che si è svolta lo scorso 20 maggio a Napoli, sul lungomare partenopeo, di certo non ci sarebbe riuscito. Un lungo cordone umano, una moltitudine di bandiere che sventolavano in cielo, bandiere celesti, rosse e verdi, palloncini che sovrastavano le teste di quanti hanno deciso di scendere in piazza per una giusta causa, per rivendicare i propri diritti, per dire basta alle disuguaglianze che continuano a persistere nel nostro Paese, per chiedere a chi ci governa un vero cambiamento, per reclamare un lavoro, un lavoro sicuro e stabile. Ed è bastata una manifestazione nazionale indetta dalla Uil, insieme alla Cgil e alla Cisl, a far accorrere migliaia di persone alla rotonda Diaz, per sostenere le richieste avanzate dalla triplice a questo sordo e incurante governo, al fine di ottenere concreti risultati in materia di tutela dei redditi, riforma del fisco, occupazione, sicurezza sul lavoro, riforma del sistema previdenziale, politiche industriali e di investimento per un nuovo modello di sviluppo, con particolare attenzione al Mezzogiorno e puntando alla piena occupazione. Perché è arrivato il momento di chiedere diritti e giustizia, il momento di mobilitarsi, il momento di chiedere un futuro in un Paese che fa di tutto per negarlo.

Si continua a vivere in situazioni di peggioramento della vita quotidiana, aumento di disuguaglianze spropositate, situazioni di precarietà, di instabilità, di mancanza di lavoro e in questo marasma totale manifestare è diventata una questione di sopravvivenza. Perché il potere di cambiare resta nelle mani delle Persone, è sempre stato così, questa è la lezione che abbiamo imparato dalla storia e questo resta il percorso verso il progresso. Anche nei contesti più democratici, manifestare resta un potentissimo strumento di comunicazione popolare, un diritto costituzionale fondamentale, l’unica arma contro le crisi, disuguaglianze e oppressione che si cibano del silenzio, fortificandosi e ingigantendosi. E la rete ha il suo ruolo, i media raccontano, i giornali dicono la loro, i tg riferiscono con puntuali servizi televisivi il racconto di una giornata importante per quelle Persone coinvolte in una manifestazione, le emozioni, gli umori, i pensieri, le idee, le istanze. Ma non raccontano la realtà. La realtà è la Piazza. Le grandi manifestazioni di massa. L’attivismo. I corpi. Le bandiere. I megafoni. I colori, le grida, le idee che escono fuori, le opinioni, il confronto. E quelli che non ci sono non possono capire. Non si capisce l’emozione che si prova quando si sventola in alto quella bandiera azzurra dietro alla quale c’è il proprio credo, dietro alla quale c’è quel valore simbolico dell’attivismo, dell’essere partecipi. Ed è questo che la Uil e la Uiltrasporti ci hanno insegnato. Ad essere famiglia. A far parte di una grande famiglia dove c’è condivisione, comunione di intenti, dove si ragiona e ci si confronta, dove si cresce e si raggiungono obiettivi comuni.

E a coloro che non sanno realmente cosa significhi far parte di un tutto è difficile spiegare quanto la voglia di fare il proprio mestiere e profondere tanta passione in quello che si fa, sia così grande. E a coloro che dimostrano una mancanza di interesse per il “mondo delle relazioni del lavoro” noi diciamo che è probabilmente diretta conseguenza della totale mancanza di conoscenza del Sindacato, della sua struttura organizzativa, delle sue funzioni anche sociali e delle logiche che lo governano. A coloro che ci hanno chiesto perché di sabato, piuttosto che restare a casa con la propria famiglia, comodamente seduti a riposare, si è scelto di svegliarsi presto e di mettere tutti gli impegni da parte per scendere in piazza a protestare, noi rispondiamo che lo abbiamo fatto perché ci crediamo. Chiamatela vocazione, chiamatela missione ma resta il fatto che per noi l’orgoglio è enorme quando si tutelano e promuovono gli interessi di coloro che rappresentiamo, quando si stipulano dei buoni accordi, quando si risolvono controversie, quando si rendono esigibili i contratti, quando si fa del bene ai Lavoratori aiutando anche le aziende. E quando poi si ha un leader che con la sua lungimirante visione riesce ad infondere speranza e voglia di combattere anche nei momenti epocali più drammatici, si può affermare che costui è entrato nell’olimpo dei grandi uomini della nostra storia. Il nostro “Bomba” ci ricorda la frase di Brecht: “Ci sono uomini che combattono un giorno e sono bravi. Ci sono altri che combattono per un anno e sono meglio. Ci sono persone che combattono per molti anni e sono molto brave. Ma ci sono quelli che combattono per tutta la vita: quelli sono gli indispensabili”. E con lui ci auguriamo di continuare a lungo le nostre lotte, vedere i palchi tremare con le sue parole perché “abbiamo un sogno nel cuore, cambiare questo Paese.