La riorganizzazione della mobilità urbana, caratterizzata da ingenti flussi di traffico veicolare, è diventata una questione prioritaria legata al concetto di sostenibilità territoriale e orientata verso il risparmio energetico e la salvaguardia dell’ambiente e della salute. La nuova sfida è la creazione di un’intermodalità accessibile a tutti, ripensando le città come un insieme di reti di trasporto diverse ma interconnesse. In Germania, per attuare una prima svolta nella mobilità sostenibile, è stato ideato il cosiddetto metodo delle 3 V, derivante dalle iniziali di tre semplici verbi tedeschi:

1. VERMEIDEN – Evitare il traffico, ovvero, evitarne la creazione. Per ottenere questo obiettivo la prima cosa da fare è creare le condizioni necessarie per cui all’interno di un contesto urbano le destinazioni quotidiane siano raggiungibili e accessibili a tutti anche senza l’automobile. Da qui deriva il concetto di “città compatta” con quartieri multifunzionali tali da evitare poli disgregati raggiungibili solo con l’automobile.

2. VERLAGERN – Spostare il traffico, laddove non sia possibile evitarlo, trasferendolo su mezzi di trasporto ecologici, quali gli spostamenti a piedi, in bicicletta e con il trasporto pubblico.  In questo caso appare fondamentale il concetto di intermodalità: creare una rete di autobus, tram, metro, treni interconnessi tra loro, che permetta di spostarsi potendo passare in maniera facile e veloce da un mezzo all’altro.

3. VERBESSERN – Migliorare il traffico rimanente, quello che non si può né evitare, né trasferire.Qui entrano in gioco i servizi di sharing e di mobilità elettrica che, da questo punto di vista, sono un grandissimo alleato per strutturare spostamenti più efficienti.

Le città italiane sopra i 100.000 abitanti, nell’affrontare questo fenomeno, si sono dotate di strumenti definiti “di indirizzo” i PUMS (Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile) che tracciano le linee strategiche per il raggiungimento di una serie di obiettivi. Oggi, poi, l’utilizzo del car pooling, car sharing, bike sharing, ride-hailing, scooter e monopattini, il tutto con la declinazione dell’elettrico, ha di fatto trasformato il concetto di “rete e nodi” rendendo il sistema di trasporto urbano una matrice in continuo cambiamento, introducendo il concetto di “Smart Mobility” (mobilità intelligente).

bike sharing

Tra l’altro, il Mobility Sharing (car, bike, scooter), che ha iniziato il suo cammino in Italia a Milano e Ravenna tra gli anni 2000 e 2001, grazie all’impulso statale con il Decreto “Interventi per la mobilità sostenibile” del 1998, ha raggiunto una maggiore complessità con l’utilizzo delle “piattaforme digitali” globali e, soprattutto, con l’avvento dello smartphone con tutte le varie app di vehiclesharing free – floating. Le amministrazioni pubbliche sono state di conseguenza obbligate a un continuo e rapido adeguamento, sia in termini di studio della mobilità stessa (proprio con i PUMS), sia in termini autorizzativi: dove costruire i parcheggi, installare le colonnine di ricarica elettriche, quali regole dare per l’accesso al centro storico e quali tragitti assegnare ai mezzi di trasporto. D’altro canto, in risposta a tali rapidi mutamenti, il sistema dei trasporti si sta sempre di più frammentando in micro-servizi e multi-operatori privati che, se non adeguatamente regolati, seguiranno la regola commerciale della massimizzazione dei profitti, privilegiando le zone di servizio in base ai profitti e non all’utilità stessa (es: nessun car sharing in zone periferiche o popolari). Da qui l’esigenza prioritaria di una partnership pubblico/privato. Inoltre, non va sottaciuto che la presenza di un “ventaglio” di scelte di vehiclesharing per area urbana è appannaggio ancora di una minoranza di città italiane. Proprio per questo, in un sistema complesso e variegato come quello descritto, è indispensabile une regia tecnica centrale pubblica al fine di garantire una mobilità efficiente ma anche sostenibile e inclusiva di tutte le persone.

La Pubblica Amministrazione, centrale e locale, dovrà sempre più favorire l’integrazione e l’interconnessione dei diversi sistemi di trasporto proprio perché solo attraverso l’integrazione intelligente dei sistemi si potrà passare da un metodo di trasporto all’altro, in tutta semplicità, secondo le proprie esigenze e favorendo i mezzi non o meno inquinanti: dal trasporto pubblico al bike sharing, dalla metro allo scooter. A livello internazionale gli esempi sono moltissimi: Helsinki, Parigi, Los Angeles e Singapore hanno sperimentato la mobilità come servizio cercando di unificare e integrare in un’unica piattaforma digitale servizi di pianificazione, prenotazione, biglietteria elettronica e pagamento end-to-end per tutti i mezzi di trasporto, pubblici o privati. Infatti, proprio con la promozione di una bigliettazione integrata “intelligente” forse si riuscirà ad incoraggiare ulteriormente gli utenti a modificare le proprie abitudini di mobilità e a dimenticare o lasciare in garage l’auto privata fino a ridurne la necessità del possesso. Il tutto “accompagnato” dall’aumento vertiginoso del carburante di questi ultimi giorni che sta rendendo l’utilizzo dei mezzi di trasporto privati convenzionali un vero proprio lusso che non tutti possono permettersi.

E c’è forse anche un’altra strada da percorrere per coinvolgere anche i piccoli centri cittadini legata ancora una volta ad incentivi pubblici che è stata già intrapresa dalla Regione Emilia-Romagna nello scorso 2021. Il progetto si chiama “Bike to Work 2021” e attraverso una serie di finanziamenti ai piccoli comuni ha puntato alla disincentivazione dell’uso del mezzo privato in favore dell’incentivazione all’uso della bicicletta, anche facilitandone l’interscambio con il sistema ferroviario. Il fine, ancora una volta, è stato quello di sviluppare una mobilità sostenibile con una maggiore sicurezza per la circolazione ciclistica, incentivando i trasferimenti casa-lavoro, casa-scuola, e, in generale, favorire l’avvicinamento dei cittadini a scelte di mobilità consapevoli.