Il prossimo 8 novembre sarà sciopero nazionale dei servizi ambientali per il rinnovo del Ccnl. Si tratta di un esito che il Sindacato ha tentato di scongiurare in ogni modo, ma che l’atteggiamento di chiusura delle controparti ha reso inevitabile. In altri articoli pubblicati su Articolo16 abbiamo già spiegato dettagliatamente le motivazioni dello sciopero e l’ostinazione di Utilitalia, di Fise Assoambiente e delle altre Associazioni di imprese nel sostenere una linea orientata soltanto a ridurre il costo del lavoro, alleggerendo le buste paga e riducendo gli investimenti per la sicurezza e per l’innovazione tecnologica, ad inseguire una flessibilità senza regole, ad aumentare il ricorso al lavoro precario, a marginalizzare le rappresentanze dei lavoratori per limitare la tutela dei diritti e indebolire la legittimità dello strumento contrattuale. Abbiamo parlato di questo e della richiesta del Sindacato di avere più investimenti per la sicurezza sul lavoro, per migliorare la formazione e gli investimenti in tecnologie che prevengano e riducano i rischi professionali, di un sistema di relazioni sindacali più inclusivo che consenta ai lavoratori un ruolo più attivo e partecipe nella determinazione delle scelte organizzative, di un giusto aumento degli stipendi e di un rafforzamento della contrattazione aziendale che aiuti a coniugare al meglio le esigenze di produttività delle imprese e la valorizzazione, anche economica, del contributo apportato dai lavoratori.

Come dicevamo in altri articoli, è un confronto tra mentalità lontanissime fra loro. Da una parte il Sindacato che sostiene lo sviluppo industriale del comparto e punta a favorire l’ingresso nelle imprese di forze giovani con buoni livelli di professionalità, dall’altra imprese che vorrebbero condannare il comparto ad un futuro di braccia e carrette, per aumentare i loro profitti con il ricorso ad un lavoro sempre più povero e dequalificato.

Si tratta di una distanza culturale che nei Comuni dell’area metropolitana di Napoli sembra ancora più grande che nel resto del Paese. Molte delle ditte private che gestiscono gli appalti di igiene ambientale sui nostri territori, infatti, agiscono come “padroncini” d’altri tempi. Rinunciano a qualsiasi tentativo di organizzare il lavoro in maniera razionale e scaricano sui lavoratori le mille difficoltà di parchi automezzi vecchi e malandati, di sedi operative ed autoparchi fatiscenti o del tutto inesistenti, con la vergogna di lavoratori che a volte non hanno nemmeno uno spogliatoio dove cambiarsi e fare una doccia prima di rientrare a casa. Gente che ha dovuto combattere persino per affrontare l’emergenza della pandemia con una mascherina sul volto e un po’ di gel igienizzante sulle mani.

Le segnalazioni che arrivano dai lavoratori dell’igiene ambientale nell’area metropolitana di Napoli sono tutte uguali ed accomunano le tante ditte e imprese che operano in un comparto ancora afflitto dal nanismo degli operatori economici, pesantemente condizionato dalle poche risorse degli Enti committenti e dai ritardi con cui i Comuni pagano i corrispettivi degli appalti. Difficoltà che comunque non giustificano criticità che nascono soprattutto per la scelta deliberata delle ditte di ignorare gran parte del Ccnl a tutto danno dei lavoratori.

Si contano sulle dita di una mano ditte ed imprese che onorano gli obblighi contrattuali versando puntualmente a Previambiente ed ai vari fondi privati le quote di TFR che dovrebbero finanziare la previdenza complementare. Ancora meno quelle che versano regolarmente al Fondo FASDA le quote indicate dal Contratto collettivo, privando i lavoratori delle prestazioni mediche che dovrebbero integrare quelle offerte dal Sistema Sanitario Nazionale. Non si contano i tentativi di fare la cresta sulle buste paga pagando meno del dovuto o non pagando affatto prestazioni straordinarie e lavoro festivo. Alla conflittualità sindacale sempre più spesso si aggiungono le azioni legali, per ottenere al prezzo di molti soldi e troppo tempo la soddisfazione di diritti che dovrebbero essere scontati.

Non è raro che le ditte “dimentichino” persino di pagare gli stipendi, accumulando ritardi che creano gravissimi disagi a lavoratori sempre più esasperati. Una situazione estremamente critica, confermata dalla Commissione di Garanzia per l’esercizio dello sciopero nei servizi essenziali. L’autorità governativa che monitora la regolarità e la legittimità degli scioperi, anche nella sua relazione sulle astensioni dal lavoro dell’anno 2020, conferma un dato ormai consolidato negli anni. Al netto della diminuzione degli scioperi durante la fase più dura della pandemia, ad ulteriore conferma del senso di responsabilità che caratterizza i lavoratori e i Sindacati del comparto, gran parte delle astensioni dal lavoro nell’igiene ambientale si consumano per rivendicare il pagamento degli stipendi. Una situazione che ricorda barbarie d’altri tempi, con il Mezzogiorno e la Campania tra i territori dove più spesso il Sindacato è costretto a ricorrere allo sciopero per ottenere la soddisfazione del più elementare dei diritti del lavoro, quello al pagamento della retribuzione.

Lo sciopero dell’8 novembre per il rinnovo del Ccnl, quindi, parla del futuro di un intero comparto, ma anche di ferite che sui nostri territori restano aperte e sanguinanti. Se le associazioni delle imprese tentano, a livello nazionale, di indebolire lo strumento contrattuale puntando su flessibilità e precarizzazione, sui nostri territori molte imprese tentano di svuotare il Ccnl applicandolo solo parzialmente o non applicandolo affatto.

Abbiamo già detto altrove e non ci stanchiamo di ripetere che il miglior modo modo per difendere il Ccnl è quello di farlo applicare integralmente. Qualunque lavoratore a cui non pagano puntualmente lo stipendio, a cui non pagano correttamente il lavoro festivo o per cui non versano le quote di Tfr o quelle per la sanità complementare, è un lavoratore che ha un motivo in più per scioperare e scendere in piazza l’8 novembre. Come in tutta Italia si chiederà un rinnovo contrattuale che rafforzi stipendio e diritti, ma sui nostri territori si sciopererà anche per ottenere il rispetto dei diritti acquisiti che molte imprese si sentono in diritto di calpestare.

L’8 novembre ogni lavoratore avrà l’opportunità di sostenere una lotta che può migliorare la condizione di un’intero comparto, ma anche di far capire alle ditte che operano sui nostri territori che è finito il tempo dello sfruttamento e dei diritti negati. Per questo rivolgiamo a tutti i lavoratori dell’igiene ambientale nell’area metropolitana di Napoli un appello accorato: il nostro momento è adesso, non rinunciamo ad essere protagonisti del nostro futuro.