Agli inizi del ‘900 Napoli è stata protagonista di alcune scelte politiche che ne hanno segnato per sempre il futuro. La politica “nittiana”, infatti, individuandola come centro propulsore per far decollare il processo di industrializzazione in tutto il Meridione creò due enormi zone industriali: una ad ovest e l’altra ad est della città. Ebbene, oggi sembra lecito domandarsi se queste scelte, pur creando all’epoca effetti positivi sull’economia, non abbiano rappresentato la nascita di grandi disastri ambientali e sociali. Articolo16 ha più volte analizzato quanto accaduto a Bagnoli, periferia ovest della città. Ma ad est lo scenario forse è ancora più drammatico. Il litorale di San Giovanni a Teduccio, affaccio a mare della zona orientale di Napoli, si presenta attualmente come un triste agglomerato di padiglioni industriali abbandonati e fatiscenti che attendono, invano, da decenni, di essere destinati a nuovi usi. Mentre l’intera area e il mare antistante sono gravemente inquinati. Eppure, lungo la costa orientale, prolungamento del porto di Napoli, a Vigliena, c’è un panorama mozzafiato: a fare da cornice un porticciolo per pescatori, un fazzoletto di spiaggia, il prato alle spalle e il Forte di Vigliena, monumento nazionale, simbolo della resistenza Partenopea del 1799.

Ma poi scopri che tutto è talmente inquinato, in condizioni di abbandono e, in parte, ancora coperto di detriti che non consentono nemmeno di accedere, vietato persino toccare. Spiaggia, mare, terreno, edifici circostanti tutti pieni di amianto, scarichi abusivi, discariche a cielo aperto, residui industriali. Malgrado tutto, questa zona inaspettatamente è ricca di storia e di notevoli architetture, come il Dazio Doganale opera di Stefano Gasse, la cui porta in origine era formata da due corpi identici posti l’uno di fronte all’altro e oggi ne resta solo uno; l’altro fu abbattuto per costruire l’archivio storico dell’Enel.

Per non parlare delle tantissime ville vesuviane, undici censite a San Giovanni altre dieci sono a Barra; a Ponticelli esiste anche una villa romana venuta alla luce durante i lavori di scavo per le fondazioni di un caseggiato popolare; a Barra nella chiesa della Sanità vi è la sepoltura di Francesco Solimena e ai confini del comune di Napoli tra Barra e San Giorgio il cimitero monumentale del colera oggi in condizioni disastrose. Ma, nonostante ciò, a discapito della vocazione marittima e, perché no, turistica, il litorale di San Giovanni a Teduccio è stato devastato da decenni di industrializzazione. Negli anni Cinquanta l’apertura di insediamenti di Q8, Cirio, Agip, Corradini ed Enel da un lato ha permesso l’abbattimento della disoccupazione ma dall’altro ha irreversibilmente negato l’accesso al mare, condannato all’inquinamento.

Alle spalle della spiaggia di Vigliena, di fronte al celebre fortino, sorge quello che forse è il più grande ecomostro della periferia orientale di Napoli. Si tratta della centrale a turbogas ex Sme, un tempo ad oli combustibili, poi riconvertita a gas naturale, rilevata dalla Tirreno Power ed entrata in funzione nel 2008.

Del resto, l’intera area orientale era stata dichiarata zona “ad alto rischio ambientale” già dalla legge n. 426/1998 sugli interventi di bonifica e di ripristino ambientale dei siti più inquinati d’Italia. Non va dimenticato, infatti, il gravissimo incidente della metà degli anni Ottanta, precisamente il 21 dicembre 1985: l’esplosione di venticinque dei quarantuno serbatoi costieri dell’Agip e uno spaventoso incendio, che durò addirittura sei giorni prima di essere definitivamente domato, e che generò una nube di fumo alta più di mezzo chilometro. In quell’occasione, pur essendoci stati cinque morti, più di 165 feriti, 2594 senzatetto e 100 miliardi di danni, solo un miracolo evitò conseguenze ancora più gravi per le famiglie residenti nelle numerose abitazioni civili costruite praticamente all’interno della zona industriale. Data l’insostenibilità della situazione esistente, nella variante al Piano regolatore del 2004 fu finalmente recepita la necessità di riqualificare la fascia litoranea, di delocalizzare quelle attività petrolifere che costituivano fonte di pericolo per la popolazione con ulteriore inquinamento per un territorio, che avrebbe dovuto essere, al contrario, oggetto di un serio intervento di bonifica e di riqualificazione ambientale.

Quest’intento sembrò continuare anche negli anni successivi con il PUA del 2009 (Piano Urbanistico Attuativo) per il litorale di San Giovanni a Teduccio redatto dal Comune di Napoli nell’ambito di un partenariato con Rete Ferroviaria Italiana e l’allora Autorità Portuale di Napoli. Tuttavia, sembra che questo cambio di rotta per la zona orientale di Napoli non sia riuscito mai del tutto a decollare e che il rapporto tra il quartiere e il mare non sia stato mai recuperato. Certo, in questi anni sono stati compiuti passi in avanti nell’intento di riqualificare la zona, come ad esempio l’insediamento del polo high tech della Federico II e dei laboratori artistici del San Carlo. Ma non basta, occorre molto altro. Perché l’intento di martoriare quest’area non si è fermato negli anni e le attività industriali ad alto impatto ambientale e ad elevata pericolosità sono ancora all’interno della città, in evidente contraddizione con le esigenze di un’urbanizzazione moderna e funzionale. Ma la storia infinita della periferia orientale continua: due ulteriori progetti hanno rischiato e rischiano, forse, ancora di devastare la zona. L’ampliamento della darsena di San Giovanni a Teduccio tramite cassa di colmata con il tombamento della darsena per ospitare container commerciali e la creazione di un serbatoio per lo stoccaggio di 20.000 metri cubi di Gas Naturale Liquefatto (GNL) previsto sul molo Vigliena. E se per il serbatoio di GNL occorre aspettare e capire quelle che saranno le scelte politiche, il bando di gara per l’ampliamento della Darsena è stato fortunatamente revocato dal Neopresidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, Andrea Annunziata, come suo primo atto governativo. Proprio Annunziata, come sempre più spesso dichiarato in tutte le sedi, sostiene fermamente la necessità di ascoltare tutte le istanze provenienti oltre che dalle istituzioni anche dal territorio fatto di associazioni e dai cittadini.

Ed i cittadini di Napoli Est rivogliono il mare e lo gridano ormai a gran voce; più volte, infatti, i cittadini hanno manifestato per rivendicare i propri diritti e per chiedere una bonifica annunciata per quasi 20 anni e continueranno a farlo senza fermarsi. Proprio il 15 maggio prossimo i comitati e le associazioni di cittadini di Napoli est, riuniti dall’unico intento di rivolere il proprio mare, scenderanno in strada per un corteo cittadino per far sentire la propria voce e fermare la morte di quest’area di Napoli.

Eppure, la democrazia, a Napoli Est, sembra odiare i cittadini, vittime consapevoli ma inascoltate di questa devastazione. Ma siamo probabilmente ancora in tempo per rivedere alcune scelte urbanistiche poco razionali, e soprattutto per non compromettere definitivamente il futuro di quest’importante zona della città di Napoli, che versa ancora oggi in scandalose condizioni di degrado diffuso e di abbandono, indegne per un paese civile.