Da tempo, oramai, sentiamo parlare della questione relativa ai riders, gli speedy gonzales delle consegne a domicilio la cui condizione lavorativa è sospesa tra un contratto nazionale contestato e pochissime norme non del tutto specifiche per il settore in questione. Eppure finora nessun notiziario o quotidiano ha mai messo  realmente in evidenza, a voce grossa, ancor prima della tutela contrattuale,  l’aspetto relativo alla sfera “umana” nonché quello legato allo sviluppo economico sociale. L’articolo 35 della nostra Costituzione recita che: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero”.

Ebbene sì, analizzando la situazione attuale, tutto questo non solo non accade, ma viene puntualmente omesso ogni volta che sembra essere arrivata la svolta definitiva ed invece nel concreto per questa gran fetta di “risorse umane” non cambia assolutamente nulla. Sottopagati, sfruttati, psicologicamente pressati e tendenzialmente dimenticati, i fattorini del settore “delivery” continuano a sfrecciare su e giù per le città garantendo un servizio che, soprattutto alla luce del delicatissimo momento storico, è diventato vitale per la popolazione mondiale. Le società a cui fanno capo insistono imperterrite nella perseverante tendenza a personalizzare il rapporto di lavoro che restando “autonomo” e dunque non subordinato, subisce le bassezze di chi strumentalizza la necessità di lavorare per portare almeno un minimo compenso a casa. Da un anno nessuno si è posto il problema di immaginare quanto per loro possa essere difficile salire quotidianamente in sella al proprio mezzo di trasporto e consegnare, nelle case di ognuno di noi, i beni più disparati. Chi protegge la loro salute, chi tutela il loro salario, chi gratifica la cordialità e l’impegno profuso affinché ci sia sempre massima puntualità? Nessuno, non lo Stato e non la comunità che tuttavia sono pur sempre costituiti da persone che guardano al problema come se non fosse loro, come se non accadesse nelle proprie case o nelle vite di un parente, un amico o un congiunto.

RIDERS_3Un popolo che non guarda all’innovazione dei suoi servizi o che ne usufruisce considerando solo l’utilità relativa al bisogno momentaneo, è un popolo che non mira al progresso ma che lo recepirà sempre come indotto e mai precursore. Dovremmo essere invece bramosi di cogliere opportunità e quella del servizio a domicilio è una grossa spinta al futuro se si pensa al ritorno comunitario in termini di occupazione, sviluppo dei software, implementazione dell’utilizzo dei mezzi di trasporto come scooter e bici, produzione di materiali per il confezionamento. Tutto questo se adeguatamente tutelato a monte, a livello contrattuale, avrebbe una valenza non indifferente poiché creerebbe macchine economiche d’eccellenza laddove adesso invece c’è solo un gran numero di “persone”, nello specifico 6o mila, in preda al malcontento ed alla precarietà lavorativa.

Partendo da queste basi si pone l’accento su una riflessione che possa essere da monito a tutti, non solo agli interessati, per comprendere che finché continueremo a ragionare per singole categorie e non come “popolo” unito e compatto alla tutela dei propri diritti ed interessi, non ci sarà mai un reale cambiamento ma sempre e comunque le solite parole al vento che gonfiano vele di navi mai salpate e che restano vane, inutili ed ingannevoli agli occhi di chi su quelle parole costruisce speranze, medita soluzioni o ancor peggio fonda progetti. Non rimaniamo sempre e solo seduti a guardare, facciamo in modo di contribuire per far evolvere un settore che oggi crea occupazione e consente ad ognuno di noi, con un semplice click, di rimanere comodamente a casa e ricevere tutto ciò di cui abbiamo bisogno.