La bocca si trova quasi a metà strada tra cuore e cervello ed è lo strumento principale con il quale comunichiamo. E’ da qui che voglio partire, in questo racconto scritto in prima persona, per arrivare ad una conclusione, del tutto soggettiva, che spero condividiate.
Il cervello è il centro della razionalità, è quell’organo con il quale progettiamo e pensiamo, il cuore, invece, è la sede del sentimento, è il posto dove le nostre emozioni nascono, la bocca esprime i concetti che ci arrivano dai i due emisferi opposti.
Nel nostro mondo, quello sindacale, le parole all’interno di un discorso, dal palco di un congresso o in una semplice assemblea contano e, proprio per questo, credo c’è bisogno di chiarire un concetto, o meglio, una scelta del modo di essere che ognuno di noi è libero di perseguire.
Rifacendoci al pensiero filosofico di De Crescenzo potremmo distinguere gli uomini di “parola”, ossia coloro che utilizzano un linguaggio forbito assecondandolo alla platea alla ricerca di un consenso, dagli uomini di “libertà”, ossia coloro che dicono ciò che pensano in maniera anarchica infischiandosene del pensiero altrui.
Gli uomini di “parola” sono coloro che studiano il loro intervento, lo tarano in base ai propri ascoltatori, lo ripetono decine di volte per non sbagliare e ascoltano soltanto il cervello e la sua razionalità, insomma gli uomini di “parola” hanno un solo obiettivo, quello di piacere agli altri.
Gli uomini di “libertà” invece, di solito parlano a braccio e lo fanno senza aver bisogno di nessuna preparazione, salgono su quel palco e dicono quello che pensano, senza filtri, senza strategie, potrebbero sembrare migliori dei primi, ma non è così, perché se sei un battitore libero solista non devi dar conto a nessuno ma, se fai parte di una organizzazione in qualche modo una linea di pensiero la devi comunque rispettare. E allora? Quale è la migliore soluzione? La risposta è semplice e scontata, il giusto sta nel mezzo, il miglior oratore/pensatore, dal mio punto di vista, è colui che riesce ad equilibrare i due flussi, raziocinio e sentimento, un combinato disposto che caratterizza i leader, anche nel sindacato e, ritornando a De Crescenzo, essi sono la terza categoria, gli uomini dei “fatti”.
Ma se per un sindacalista affermato è facile, o almeno dovrebbe esserlo, trasformarsi in un uomo dei “fatti”, per un giovane che timidamente si affaccia al sindacato ciò è estremamente complicato; allora qui entra in gioco l’ultimo elemento, il coraggio, e se la razionalità è ospitata nel cervello e, nel cuore nascono i sentimenti, potremmo figurarci che il coraggio sia trasversale ai due ed alberghi sulla linea immaginaria delle spalle, quindi, a differenza della bocca, esattamente a metà strada tra cervello e cuore. Più si hanno spalle larghe.. maggiore è il coraggio da profondere. La miscela di razionalità, sentimento e coraggio produce un elemento che è sempre più raro nel nostro mondo, la passione.

Credo che la passione sia l’unica cosa che bisogna ricercare nelle persone, quando c’è la passione la competenza è una naturale conseguenza che si acquisisce in un secondo momento, ma come dicevo la passione diventa sempre più rara e la rarità è una qualità che sviluppa i “cercatori”, come quelli dell’oro o dei diamanti, ed è per questo che noi, sindacalisti “anziani”, dovremmo diventare “cercatori di passione” scavando in tutti gli ambiti sociali alla ricerca di quelle pepite a cui dovremo un giorno consegnare anche la nostra di passione con l’unico scopo di mantenere viva l’idea del Sindacato, dello stare insieme e del combattere insieme a difesa di ciò che rappresentiamo, un’unione di donne ed uomini che con il riformismo delle proprie idee, con la razionalità, il sentimento, il coraggio ma sopratutto la passione possa continuare ad essere punto di riferimento del Lavoro e di tutti i Lavoratori italiani.