La nostra vita da qualche mese è letteralmente cambiata, probabilmente sconvolta, le nostre abitudini, il nostro quotidiano, il modo di lavorare, è tutto completamente diverso rispetto a prima e ce ne rendiamo conto se riflettiamo sui nostri discorsi, inevitabilmente rimandano sempre all’argomento Covid 19, diventato per alcuni il vero incubo, per altri il modo di fare notizia e poi c’è chi addirittura sui veri drammi come quello che stiamo vivendo riesce anche a specularci. L’avvento e l’utilizzo quotidiano delle mascherine, le nostre uniche ancore di protezione, nella prima fase del lockdown, sono state considerate uno dei beni più preziosi, da quel momento è stato inevitabile e consequenziale fare i conti con la mancanza di reperibilità. Si è assistito, durante la fase emergenziale, ad una vera e propria corsa ad accaparrarsi lo scudo protettivo più bello e costoso e coloro che sono rimasti senza, si sono adattati ed arrangiati con ciò che forse poteva essere più adatto a proteggere naso e bocca, inutile parlare degli improvvisati geni del web che hanno dispensato consigli su come creare e realizzare mascherine anche all’ultima moda, personalizzate, fatte con carta da forno, con tessuti vari e dai colori sgargianti.
C’è stato anche qualche sarto che ha utilizzato la sua maestria per mettere a disposizione della clientela una varietà di mascherine fatte con tessuti pregiati, aziende di attività svariate che hanno visto crollare i propri affari e hanno così deciso di riconvertire le proprie attività in fabbriche di mascherine, in questo tremendo tsunami possiamo affermare che sono nate le cosiddette mascherine di comunità che molti indossano ma che non tutti sanno cosa siano e cosa significa utilizzarle soprattutto nel mondo del lavoro. Tutti dovrebbero sapere che le mascherine di comunità non posseggono particolari certificazioni (come previsto dal art 16 comma 2 dl 17/03/2020), non devono essere considerate né dispositivi medici, né dispositivi di protezione individuale, ma semplicemente una misura igienica utile a ridurre la diffusione del Covid 19. Diverso è per i dispositivi medici e le mascherine chirurgiche che sono da considerarsi a tutti gli effetti dispositivi di protezione del lavoratore sul luogo di lavoro. E sempre di più aumenta la paura di chi scende da casa per recarsi sul proprio posto di lavoro, nella speranza che la giornata possa andare bene, che si possa scansare il pericolo Covid. Ma si può vivere così, con questa perenne paura in corpo?Ma i lavoratori sono veramente tutelati dal Covid 19? E se un lavoratore malauguratamente contraesse il virus sul luogo di lavoro cosa succederebbe? Se succedesse questo il lavoratore sarebbe considerato in infortunio. L’infortunio sussiste con la presenza di 3 elementi: causa violenta, occasione di lavoro e lesione. Come decretato nell’art. 42 al secondo comma del Decreto Legge n°18 del 17/03/2020 (Cura Italia) chi e colpito da Covid 19 sul luogo di lavoro viene tutelato dall’infortunio. Quindi tutte le infezioni da nuovo Coronavirus avvenute nell’ambiente di lavoro o a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa sono tutelate a tutti gli effetti come infortuni sul lavoro. A precisarlo è la circolare n. 13 del 3 aprile, con cui l’Istituto dell’Inps fornisce indicazioni in merito alle tutele garantite ai propri assicurati. Tutti i casi accertati di infezione sul lavoro faranno quindi scattare la piena tutela dell’Istituto, come per gli altri infortuni o malattie, già a partire dal periodo di quarantena. Questa emergenza ha riportato in primo piano anche la necessità di garantire le stesse tutele ai milioni di lavoratori che non sono assicurati con l’Inail e non possono quindi accedere a rendite e indennizzi in caso di contagio.
La recente estensione ai rider è solo il primo passo di un ampliamento della platea che dovrà includere le professioni che si collocano a metà strada tra subordinazione e autonomia, che oggi sono molto più vulnerabili di fronte alla minaccia del virus. Ma resta da esaminare un aspetto molto importante, ossia come dimostrare di aver contratto il Covid 19 sul luogo di lavoro. Questo è sicuramente più difficile. E’ altrettanto vero che esiste un indirizzo giurisprudenziale accolto dall’Inail nella circolare del 1° luglio 1993 dove si evince la “modalità di trattazione dei casi di epatite virale trasmissione parenterale e AIDS” in cui la causa virulenta è equiparata a quella violenta, quindi si può dedurre che il Covid 19 va correttamente configurato come infortunio sul lavoro. Il contagio sul lavoro da Covid 19 garantisce senz’altro una più ampia tutela per il lavoratore ma tuttavia in giurisprudenza, dove il rapporto tra causale ed evento è governato dalla regola dell’equivalenza delle condizioni, la materia apre diversi scenari. Mettiamo il caso di un lavoratore positivo al Covid 19 dopo aver effettuato il tampone faringeo e che è stato a stretto contatto sul luogo di lavoro con i propri colleghi: questi ultimi possono dimostrare, con maggiore evidenza, la possibilità di aver contratto il virus sul luogo di lavoro. Altra questione da tenere in considerazione è quella relativa all’indennizzo dell’inabilità temporanea in relazione al periodo in cui il lavoratore si trova in quarantena o in isolamento domiciliare, per fini precauzionali, in conseguenza della malattia da Coronavirus: di fatto è un impedimento assoluto al lavoro che merita tutela nel caso in cui siano state causate o semplicemente occasionate dal lavoro, e ciò avviene naturalmente quando la quarantena sia conseguente a patologia contratta al lavoro. Questo assunto trova ancora conferma nell’art. 42 del decreto “Cura Italia”, dove si legge: “Le prestazioni Inail, nei casi accertati di infezioni da Coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro”. La speranza naturalmente è che di questo maledetto virus non se ne parli più ma nel frattempo è doveroso essere sempre attenti ed informati sulla materia infortunistica e sui dispositivi di protezione che sono in continua evoluzione. Un invito a non abbassare mai la guardia, ad avere cautela ed essere attenti a verificare soprattutto che le nostre aziende rispettino e acquistino dispositivi di sicurezza che siano a norma, a denunciare laddove questo non accada. Non dobbiamo considerare questo pericolo lontano da noi, bisogna imparare a conviverci ma senza mai sottovalutarlo. L’attenzione deve essere sempre alta, per la nostra vita e per quella degli altri.