Il giorno 9 marzo 2020 la storia dei nostri tempi è cambiata, il Paese si è fermato, il Presidente del Consiglio ha annunciato la quarantena forzata, la pandemia da Covid-19 ha colpito pesantemente anche l’Italia, troppi contagi, purtroppo troppi decessi. Tutto il sistema Paese si è così inevitabilmente arrestato, ad eccezione dei servizi essenziali e, tra questi, del trasporto pubblico locale. Ai Capitani coraggiosi di tutto il comparto della sanità, dunque, si sono aggiunti i Lavoratori del tpl, a partire da quelli di front-line, coloro che non si sono fermati mai, neanche per un attimo, pur essendo tra quelli più sottoposti al rischio del contagio, garantendo il diritto alla mobilità per quei cittadini non soggetti alle restrizioni governative.

Dall’inizio del lockdown si sono susseguite, in generale ed in particolare per il trasporto pubblico locale, numerose disposizioni e si è lavorato sin da subito per garantire una corretta fruizione del servizio da parte degli utenti, nel rispetto delle norme sulla sicurezza e in ottemperanza alle disposizioni sanitarie. Tra le varie misure applicate, definite nei protocolli sulla sicurezza sottoscritti tra Governo, Organizzazione sindacali e datoriali, che molto probabilmente hanno ridotto al massimo il rischio epidemiologico, è sicuramente da annoverare l’obbligo, per tutti, di utilizzo dei dispositivi di sicurezza a bordo mezzi, il mantenimento della distanza minima interpersonale di un metro, l’accesso contingentato sui mezzi pubblici, l’individuazione dei posti a sedere, la separazione tra passeggeri e personale aziendale, il rafforzamento quotidiano dell’igienizzazione e la sanificazione periodica di tutti gli ambienti di lavoro. Misure che andavano adottate nell’esercizio del servizio di trasporto pubblico, per evitare problemi, per garantire ai lavoratori del settore e agli utilizzatori del tpl la massima sicurezza per contrastare la diffusione del contagio, tenuto conto anche che, il servizio di trasporto pubblico, a partire dalla fase uno e, a seguito di Ordinanza Regionale, è stato ridotto nella misura del 50% in considerazione della crisi di sistema che ha provocato cali alla domanda di trasporto.

La riduzione del servizio e la relativa diminuzione degli introiti da titoli viaggio ha generato un crollo finanziario per le aziende del settore che, in adesione ai provvedimenti governativi, per mitigare l’impatto della crisi, hanno attivato gli strumenti degli ammortizzatori sociali per i Lavoratori in conseguenza della contrazione delle attività produttive; misure praticate in aggiunta alle variazioni organizzative, pure messe in campo, in funzione delle attività mutate in alcuni settori aziendali, utilizzando anche nuove modalità di lavoro come quella dello smart-working.

Fondamentale, in questa fase, è stato il ruolo svolto dal Sindacato con un’azione incessante e la sottoscrizione di accordi sindacali: si è evitato che i lavoratori subissero grossi disagi economici dall’applicazione degli ammortizzatori sociali facendo erogare, anticipatamente alle aziende, le somme di cui agli strumenti applicati e, in alcuni casi, con l’integrazione della retribuzione fino al 100% della stessa.

Tra la fase uno e la fase tre, di grande rilevanza sono stati gli interventi governativi a sostegno del settore; ad onor di cronaca, prima ancora dell’emanazione di specifici decreti per il tpl, la Regione Campania, accogliendo la richiesta delle Organizzazioni Sindacali ha, dal primo momento, assicurato alle società del trasporto pubblico liquidità finanziaria nella stessa misura dell’anno precedente, in particolare per le mensilità di aprile/giugno 2020 ha trasferito alle aziende gli importi dei corrispettivi chilometrici erogati per le stesse mensilità del 2019, pur con servizio ridotto.

Il Governo centrale, poi, cristallizzando il Fondo Nazionale tpl, ha decretato le stesse risorse per l’anno 2020 alle regioni e quindi alle aziende senza alcuna decurtazione.

Successivamente, con Decreto Ministeriale, è stato destinato un importo di 500 milioni di euro a compensazione dei mancati introiti causati dal lockdown, da ripartire alle aziende del tpl. Insomma, azioni certamente efficaci ad evitare un default di settore.

Con l’inizio della fase 3, per il Tpl è consentita la deroga al rispetto della distanza di un metro (Decreto Ministeriale dell’11 giugno 2020) e risulta necessario garantire quindi un coefficiente  di  riempimento  dei  mezzi  non superiore al 60% dei posti consentiti dalla carta di circolazione dei mezzi stessi, tenendo conto sia dei posti a sedere che dei posti in piedi purché sia privilegiato l’allineamento verticale dei passeggeri; è possibile l’utilizzazione in  verticale  delle  sedute senza alternanza, qualora sia escluso il posizionamento c.d. faccia a faccia e l’affiancamento tra due persone. Il ricambio dell’aria deve essere costante, predisponendo in modo stabile l’apertura dei finestrini o di altre prese di area naturale. A queste nuove misure ne sono in previsione altre, tenuto conto anche delle regolamentazioni di emanazione regionale, che potrebbero oltremodo modificare le modalità di fruizione del trasporto in considerazione dello stato epidemico e dell’andamento dei contagi in Italia, misure a cui tutte le aziende di trasporto pubblico dovranno fare riferimento.

Per ora si tratta comunque di un significativo passo in direzione della normalizzazione anche se persistono ancora perplessità su cosa accadrà a settembre in concomitanza della ripresa delle scuole, università e di tutte le attività lavorative. C’è infatti la preoccupazione che l’offerta, alla piena ripresa delle attività, con la riduzione della capienza dei mezzi, sarà insufficiente e pertanto necessario rivedere i servizi del trasporto pubblico coordinandoli con l’organizzazione delle attività economiche e scolastiche delle città. L’effetto del Coronavirus sulla mobilità sarà, probabilmente,  uno tsunami di lunga durata col serio rischio di segnare la fine (o quasi) del trasporto pubblico a favore di quello privato; bisognerà fare di tutto per evitare questo spostamento verso la mobilità privata che potrebbe tradursi in un disastro per le emissioni nocive, per il traffico e per il costo complessivo dei trasporti.

Reperire investimenti pubblici nel TPL sarà sempre più difficile, al contrario una buona politica locale potrebbe attrarre risorse, senza le quali il TPL imploderà e con esso  le città. Non sappiamo esattamente quando tutto questo finirà, ma questo Paese deve decidere su cosa vuole puntare, qualunque strategia deve partire da una visione, da uno scenario plausibile, senza il quale si continua a navigare a vista.