A te amico mio l’augurio di ogni bene, in questi tempi virulenti è il minimo che si può augurare. L’altra mattina mi sono recata in tribunale, avevo due udienze e avrei dovuto informarmi su una grande novità, il decreto anti-contagio. Più di ogni altra cosa ero curiosa di vedere come, a causa della recente epidemia, si fosse dato corpo all’ordinanza che obbligava la celebrazione con la sola presenza dei soggetti indispensabili al dibattito. Seguita dalla fedele Yasmine, la mia assistente di studio, siamo entrate con cinico passo dall’ingresso principale che era quasi deserto, contrariamente al solito. Il bar sulla sinistra completamente chiuso mi ha fatto subito pensare che finalmente le ordinanze erano state rispettate, non tanto per senso civico quanto per la paura del contagio da Coronavirus. Gli ascensori erano fuori servizio per ottemperare al protocollo anti-contagio, salendo l’ampio scalone siamo giunte al secondo piano, quello delle udienze.  Mi ero quasi convinta che a causa del virus tutti rispettavano le regole. Alla fine delle scale ho stremato con compiacimento il mio pensiero a Yasmine che non mi ha risposto con parole ma con l’ironia del suo mezzo sorriso che diceva tutto.

Ed in effetti aveva ragione. Metà delle aule erano chiuse per evitare il potenziale contagio, ma allegramente si tenevano due udienze per aula in contemporanea, i soggetti interessati uno su l’altro e i due metri di distanza canonica erano una misera utopia. Come se ciò non bastasse nei corridoi del piano crocchie di colleghi che parlavano fitto fitto, a voce bassa, l’uno nell’orecchio dell’altro, evviva le precauzioni affidate al buon senso di professionisti affermati e non. Dopo un’ora di attesa la notizia che giunge: le mie udienze, si proprio le mie, sono state rinviate sine die. Ed io? E Yasmine? Abbiamo rischiato il contagio insieme a tutti gli altri presenti senza alcun motivo, senza alcuna ragione. Ma non è solo questo a far salire il nervoso, la rabbia sale perché pensando all’ordinanza emessa ed al rispetto della stessa se fosse stata presa qualche precauzione non avrei avuto nulla da ridire, ma si sa, da noi le interpretazioni sono infinite, tutto il mondo è paese; siamo nati per soffrire, stammo sotto u’ cielo, e così sia! Rientrata allo studio oltre al nervosismo è subentrata la voglia di capire, di sapere di cosa si parla. Questo è una mia peculiarità, da sempre. Prima di esprimermi su un argomento voglio sapere che roba è. Non avevo nessuna  voglia  di  mettermi  a  studiare  su  future  udienze,  perciò  ho  aperto  il  “vaso  d’ogni  conoscenza”, sono  andata  su  internet  e  così  ho incominciato  a  leggere,  prendere  appunti,  divorando  tutto  il  trovato  sul  Coronavirus. Che  il  tempo  fosse  trascorso  fu  Yasmine  a  farmelo  capire  quando con  la  testa  nel  mio  ufficio  mi  ha salutato  con  uno  squillante: “Buonasera, a domani avvocato!”. Cribbio, guardando la finestra mi sono accorta di quanto si era fatto buio, avevo saltato anche la pausa pranzo!

Alla fine quello che emergeva dalla mia mega ricerca riguardante l’intero pianeta era chiaro: a nessuno importava delle vittime, pensavano tutti alla ripresa, non alla ripresa della salute dell’umanità, ma alla ripresa economica. Ciò che interessa ai centri d’indirizzo non è la fermata brusca dei consumi mondiali che in ogni caso è passeggera ma il mancato arricchimento e come fare a recuperarlo al più presto.. tutto molto triste.  Mentre mestamente tornavo a casa un altro tarlo ha cominciato a lavorare nella mente. Chi decideva per gli altri?  No, non i governi ma qualcuno molto più su. Lui ma quasi aveva paura. Di cosa? Che le genti del mondo si rendessero conto che il vero tesoro sono il grano, il mais, le patate. I diamanti, i lingotti, le effimere obbligazioni non sono commestibili. Mi è balenata in mente una vignetta surreale di lingotti al dente con sugo di rubini spolverati con obbligazioni cino-americano stagionate trentasei mesi, buon appetito. Augurandoti di possedere i migliori linfociti dell’universo.
Salutami chi vuoi Rujamar!