È ormai assodato che città e porto devono lavorare assieme per lo sviluppo dell’economia. Proprio per questo motivo negli ultimi anni si è cercato sempre più di sostenere l’utilizzo pubblico del waterfront partenopeo come risorsa sociale e l’accesso della comunità urbana al mare. Ne abbiamo parlato con l’arch. Massimo Clemente, Dirigente di Ricerca in “Urbanistica, valorizzazione del paesaggio, difesa e protezione idrogeologica” al CNR – IRISS,  neo Rappresentante della Città Metropolitana di Napoli in seno al Comitato di Gestione dell’AdSP del Mar Tirreno Centrale, nonché Presidente dell’associazione “Friends of Molo San Vincenzo”.

  1. In qualità di Presidente dell’associazione “Friends of Molo San Vincenzo” può illustrarci quali iniziative sono state adottate fino ad oggi e cosa vi proponete per il futuro?
    I Friends of Molo San Vincenzo sono attivi dal 2015 e in quattro anni hanno svolto una costante azione per far conoscere il molo alla comunità cittadina, direttamente o indirettamente, attraverso passeggiate culturali via mare e via terra, eventi culturali, attività ludico didattiche per bambini, eventi sportivi, pubblicazioni, convegni, promozione sui social network, servizi televisivi, articoli su giornali e interviste come questa. Questa grande attività è stata possibile grazie alla collaborazione con altri associazioni, in primo luogo il Propeller Club Port of Naples, con Umberto Masucci che si batte per il San Vincenzo da quasi venti anni. Si sono poi aggregati, ciascuno con le sue competenze, il CNR IRISS, il Community Psychology Lab dell’Università Federico II, l’aniai Campania e tanti altri. L’obiettivo comune e di buon senso è che il Molo diventi una parte viva della città dove tutti possano accedere liberamente, come nel Porto Antico di Genova, senza per questo perdere la funzione marittima e militare di attracco per  i megayacht e le navi della nostra Marina, così come previsto dagli strumenti di pianificazione portuale vigenti. Riassumendo, dovranno coesistere la funzione portuale commerciale, la funzione militare con usi compatibili, la funzione urbanistica di luogo pubblico per i cittadini e di spazi museali che potrebbero essere gestiti dalla stessa Marina. Le navi militari in banchina potrebbero essere aperte alle visite della cittadinanza, per rafforzare il legame tra cittadini e forze armate come accade, per esempio, a San Diego con la US Navy.
  2. Lei è sempre stato un fautore dell’integrazione porto città; può indicare quello che può essere un ottimale modello di governance per favorire questo rapporto?
    Le buone pratiche internazionali sono tutte fondate sulla collaborazione costruttiva tra i soggetti istituzionali, accompagnata dal dialogo trasparente con la comunità urbana e portuale. La complessità dei fenomeni richiede modelli di governance innovativi che siano declinati negli specifici contesti ma che siano sempre fondati sul rispetto e la lealtà tra le Istituzioni. Rimaniamo sul caso emblematico del Molo San Vincenzo: l’apertura alla città è inevitabile, la scelta è se governarla, possibilmente accelerando i tempi, oppure lasciarla accadere spontaneamente e con tempi imprevedibili, magari qualche decennio. I tre soggetti istituzionali che sono parti di un unico Stato – Marina Militare, Autorità di Sistema Portuale, Comune di Napoli – devono intraprendere un percorso di co-pianificazione. Il primo passaggio è un focus group per l’individuazione degli interessi specifici, degli obiettivi comuni, delle aree di sovrapposizione degli interessi per il bene comune. Il secondo passaggio è l’attivazione di un tavolo di co-pianificazione per una progettazione condivisa. Il terzo passaggio è l’implementazione del progetto attraverso un processo continuo che veda il tavolo di co-pianificazione trasformarsi progressivamente in una struttura di co-gestione. Da urbanista, ritengo che tutto il Molo San Vincenzo, compresi gli spazi e gli edifici del Demanio Marittimo attualmente in uso alla Marina Militare, debbano essere oggetto di un master plan di rigenerazione urbano-marittima che sia condiviso dalla Marina Militare, dall’Autorità di Sistema Portuale e dal Comune di Napoli, sviluppato attraverso un processo collaborativo che informi e coinvolga la comunità urbana.
  3. Con la sua nuova nomina quale membro del Comitato di Gestione dell’AdsP del MTC, per conto della Città Metropolitana, prevede di portare avanti un programma ancora più articolato di iniziative volte a rafforzare la relazione porto-città?
    La collaborazione piena tra porto e città ha come prerequisito essenziale l’integrazione tra comunità marittima e comunità urbana che è un obiettivo prioritario su cui sono da tempo  impegnato come studioso e, adesso, anche come membro del Comitato di Gestione. Napoli è caratterizzata da una separazione anche sociale tra il porto e la città, a differenza di altre città portuali come Genova, dove c’è forte sintonia se non addirittura coincidenza tra la comunità marittima e la comunità urbana. Le ragioni sono varie e affondano le radici nella storia di Napoli: città sul mare più che città di mare, somma di gruppi sociali variegati, emulsione più che fusione di cultura rurale e cultura marinara. L’Autorità di Sistema Portuale può svolgere un ruolo molto importante rafforzando e mettendo a sistema le tante iniziative in corso, già tese a favorire il dialogo tra porto e città, attraverso la reciproca conoscenza, per rafforzare l’integrazione. Il Sindaco Metropolitano Luigi de Magistris è molto attento ai “beni comuni” come strumenti di una buona politica urbanistica e, nella mia visione, il porto e il mare sono “beni comuni” e risorse per lo sviluppo sostenibile nella dimensione ambientale, sociale, economica. Questa visione etica può trovare attuazione pratica grazie al pragmatismo del Presidente Spirito, la competenza del Segretario Generale Messineo, il clima collaborativo incontrato nel Comitato di Gestione e le grandi professionalità presenti nell’AdSP del Mar Tirreno Centrale.