Un traguardo prestigioso che però, è bene ricordarlo, solo un po’ di anni fa qualcuno pensava tanto insostenibile quanto irraggiungibile.
Era il 1996 – anno dei BOC del comune di Napoli per i BUS di ANM – quando si apprese di una Lettera di Intenti con cui gli inglesi della Baa (British Airport Autority) erano pronti ad entrare in società con Comune e Provincia nella Gesac, Società di gestione dei servizi aeroportuali di Capodichino, con Napoli al centro dell’attenzione dei media ed i colpi di scena non mancarono insieme alle difficoltà politiche ed anche sindacali.
E’ la prima privatizzazione di un Aeroporto in Italia ed anche le Segreterie Nazionali Sindacali non sembrano essere proprio pronte e d’accordo con l’iniziativa che, questa volta, non nasceva a Milano o a Roma ma nel SUD del Paese e proprio a Napoli, già scottata e diffidente per aver dovuto subire solo poco più di un anno prima, Ottobre 1994, lo scippo di ATI (Compagnia partecipata IRI sana con sede a Napoli) assorbita nella già traballante ALITALIA che ai più sembrò una forzatura più utile alla casa madre che alla realtà Napoletana segnando la vita di molti dipendenti, obbligati a trasferirsi base Roma o Milano, o sobbarcarsi ore di volo (MUST GO) a vuoto.
Le iniziative economiche amministrative avevano un protagonista, l’Assessore alle Risorse Strategiche della prima giunta Bassolino, Roberto Barbieri, proprio l’attuale amministratore di GESAC che sembra essere tornato a prendersi un po’ di gloria che forse gli appartiene e che non sempre la città gli ha riconosciuto.
Il percorso non è stato semplice, con il primo AD Ing. Mauro Pollio e il suo staff – al personale Maurizio Castellucci – non furono poche le difficoltà da affrontare, alcune “politiche”, sicuramente per la grande ingerenza ed influenza da sempre esercitata sulla gestione dello scalo, “sindacali” per la novità da affrontare a cui nessuno era pronto nel Paese, “ambientali“ se solo si pensa alla “pericolosa” delocalizzazione del deposito della TPN (oggi CTP) sul viale Maddalena per assicurare gli spazi di cui ora tutti possono godere e su cui ci fu una vera e propria crociata in città, tra i sostenitori del processo avviato con la Baa e quelli “nostalgici” e all’opposizione che si votavano anche alle difficoltà del territorio a sostenere uno scalo in espansione che, già nel master plain di quegli anni, fissava a 10 milioni di passeggeri un traguardo minimo per lo sviluppo economico della nostra regione.
Al cambio di cultura sindacale e soprattutto ai Lavoratori che, anche con una politica “distratta”, hanno consentito i risultati, va riconosciuto il successo per come accettarono o comunque si inserirono con protagonismo nel processo di sviluppo che non sembrava del tutto definito, come probabilmente non poteva esserlo, e che oggi ci consente di dire che se la Regione in tutte le sue espressioni anche locali avesse accompagnato il progetto si potrebbe già parlare da anni di un Sistema Aereoportuale Regionale che è il prossimo traguardo da raggiungere anche se con notevole ritardo, per non aver voluto puntare, così come era chiaro dal 1997, ad una gestione unica degli scali regionali.
Ma questa è un’altra storia con responsabilità e campanilismi che ne hanno frenato l’evoluzione e che finalmente hanno segnato il passo ad uno sviluppo che gli operatori colsero ed altri per troppo tempo hanno potuto frenare, ma che oggi, con i tanti giovani e professionisti impiegati nello scalo Internazionale di Napoli, sembra più vicino.