Non so con esattezza cosa può essere il rimpianto, almeno non ancora. Anche se la somma dei miei anni comincia ad essere corposa non ho ancora la quantità necessaria di saggezza per comprendere a pieno quale sensazione il rimpianto possa produrre sul mio animo. Ricordo un episodio che torna spesso alla memoria e a parer mio, se non proprio rimpianto, gli si avvicina assai. Quel giorno, ero ospite a pranzo con moglie e figlie, queste ultime vere gioie della mia vita, a casa dai miei cognati. Non ricordo bene in quale ricorrenza ma ricordo il ragù di agnello con “Fianchetto” d’ordinanza e quindi suppongo dovesse essere il giorno della Resurrezione del nostro Signore. Adele, la sorella della allora mia consorte, di una simpatia unica tanto da rivaleggiare con le varie portate, che pure erano ottime. Carlo, suo marito, verso il quale nutrivo grande stima e rispetto, compagnone a tavola e nella vita e di una rettitudine morale cristallina. Completavano la compagnia i tre figli della coppia, Giacomo un giovanotto intelligente e capace, Agata romantica e sognatrice ed infine Rosa concreta con i piedi ben piantati a terra. Come si suol dire c’erano tutti gli ingredienti per una giornata serena allietata da buona ed affettuosa compagnia e da manicaretti eccellenti. D’improvviso il classico fulmine a ciel sereno giunse quando il pranzo era arrivato con l’immancabile presenza di noci e nocciole. Il buon aglianico distendeva l’ambiente e portava allegria, chissà come il discorso cadde sul sindacato, del suo operato nell’azienda di trasporto dove all’epoca Carlo ed io prestavamo servizio. Fu un errore madornale, me ne resi conto quando capii che i toni alti e concitati sullo scambio di opinioni, in merito all’argomento trattato da parte mia e di Carlo, aveva introdotto sulla bella tavola un’aria gelida. Tutti si errano azzittiti, i ragazzi aspettavano una parola di troppo tale da pregiudicare i futuri rapporti, le sorelle- mogli, conoscendo i caratteri un po’ fumantini di noi maschietti, per un attimo pensarono al peggio. In un lampo intuii tutto il dramma domestico e visto gli anni in più che Carlo poteva vantare in una ipotetica gerarchia familiare, d’improvviso tacqui senza più replicare il buon Carlo. Come per incanto tutto tornò nel proprio alveo, figli e coniugi riacquistarono il sorriso e la giornata si concluse benissimo.

L’aver abbozzato in termini emotivi mi costò parecchio, ma ancor più mi pesò l’incapacità di non aver saputo trovare le parole giuste, che tornando a casa mi apparvero davanti come immagini di un maxi schermo. Avrei dovuto saper dire a mio cognato, per il quale ho continuato a nutrire affetto e stima, che la scarsa incisività, a suo dire, dell’azione sindacale in azienda, non era dovuta al fatto che le R.S.U. fossero “tutte vendute”. La presunta poca verve del sindacato interno era dovuta ad un sistema che aveva insite tutte le modalità per annacquare qualsiasi iniziativa. Avrei dovuto dire della nuova legislazione sul diritto di sciopero. Che la trattativa tra le parti era perlopiù un dialogo tra sordi, in quanto il management di una azienda pubblica non aveva capitali a rischio e puntava solo al mantenimento dello status quo ed ai premi di risultato: i loro. Che in realtà del “Personale” a quei signori non fregava un fico. Le loro politiche aziendali miravano solo a tener buoni i dipendenti organizzati o no, grazie a reali decreti, a norme e codicilli di leggi inique con lamenti aziendali. L’unica arma per i lavoratori che consentiva una possibilità di raggiungere obiettivi aziendali era la mobilitazione fino all’estrema RATIO dell’astensione dal lavoro. Ma le poche volte che si era usato, le nostre truppe, il nostro esercito era rovinosamente e vergognosamente venuto meno. Le motivazioni? Perdere soldi non era possibile, chi aveva i figli all’università, chi pagava il mutuo sulla casa, chi le rate dell’auto nuova, chi doveva andare in crociera, chi, chi, chi! Tutto questo si può definire ”sistema”, leggi, regolamenti, impegni per attivare l’ascensore sociale, per cercare una vita più dignitosa ed allora pagare, pagare sempre mutui, studi, rate, una marea di cose anche inutili. Questo avrei dovuto dire al buon Carlo, ma non l’ho mai fatto, adesso è tardi non posso più. Questo è un rimpianto?

Vi saluto e sono L’autoferroagricolo!