L’amore m’ha fatta, l’amore mi ha fatto festa, l’amore mi ha fatto fata“. Impossibile non sentire le parole delle migliori poesie d’amore di sempre, sentirle scorrere nelle vene, mentre ci si immerge nei tratti di colore di un dipinto di Chagall. Un pittore sensibile, dolce, un’artista e poeta per la prima volta ospitato nella Basilica di Santa Maria alla Pietrasanta, a Napoli, dove, fino al 30 giugno di quest’anno, la sua sua storia è raccontata attraverso le sue opere, le sue poesie tramutate in dipinti.
Unico nel suo stile, colpito dalla guerra sin da piccolo, dirà spesso di essere nato morto. Ogni sala, colorata in modo diverso, apre le porte su un episodio differente della storia che la mostra intende raccontare. Il filo conduttore? Love and life, il senso dei gesti più minimi che possiamo compiere, il collante tra la nostra anima e il nostro corpo. Nella sala blu Chagall racconta fiabe, accennando nel suo stile favole che, nel frattempo, è possibile ascoltare passeggiando tra i dipinti; nella sala grigia la fiaba lascia posto alla leggenda, la Bibbia diventa il cardine dell’amore, la migliore rappresentazione dei sentimenti umani. Ma che cos’è davvero l’amore? “Anch’io come i pittori ho i miei modelli“.

Donne nude abbracciate a uomini e a mazzi di fiori, novelli sposi immersi in uno sfondo blu, ragazze dipinte nei loro dettagli più sensuali. L’esperienza del grande amore della sua vita cambia il poeta. La musica pacata, la possibilità di entrare in una sub-realtà sognante nella sala degli specchi, i versi dell’artista scritti sulle pareti ricongiungono nella misticità di un sentimento così perfetto. Nell’ultima sala, la conclusione perfetta di una storia d’amore così bella, la metafora dell’esodo, dell’abbandono. La morte durante la guerra del grande amore della sua vita lo porterà ad un profondo desiderio di fuga. Costante il parallelismo con la Bibbia, con particolare attenzione all’episodio della fuga degli Ebrei dall’Egitto, episodio a cui lui non può essere che legato, essendo ebreo. Una fuga vana da se stessi, lunga, piena di problemi, ma che lo porterà ad una produzione artistica senza eguali. L’arte è il lato buono del dolore, è la vita in ogni “sono nato morto“. Al termine del viaggio all’interno di un uomo straordinario quanto normale, è possibile giocare, divertirsi a comporre il proprio quadro con i magneti tratti dai dipinti originali. I turisti ridono, scattano foto, inventano storie, si baciano, si tengono per mano, guardano compiaciuti quell’opera che non ha senso ma che è tutta loro. E così Marc Chagall non è mai morto. Né lui, né l’infinito amore che è passato attraverso il suo pennello.
Irene Mascia