L’arte è il dono più versatile che ci sia mai stato concesso. L’arte ha il potere di prendere il dolore, tramutare il suo sangue in parole, vivere le sue sfumature nei riflessi di un quadro, immortalare come una fotografia un momento solo per farlo rivivere a chi non ci conosce. È lo strumento che ci consente non solo di viaggiare, ma di andare oltre, esplorare l’animo di sconosciuti  insolitamente così vicini a noi. L’artista ha il potere di vivere la sua arte, farla rinascere, e avvalorarla di un senso… O perlomeno così credeva il celebre pittore austriaco Gustav Klimt, uomo che ha avuto tanto da vivere e da raccontare.

Ma se l’arte ha un significato così profondo ed è così importante, perché a nessuno sembra più interessare? Perché si insegna la praticità, la tecnologia, lasciando che travolgano la lettura dell’animo di noi stessi? Ed è proprio per questo motivo che, nella Basilica del Santo Spirito, a Napoli, è stata allestita una mostra particolare proprio dedicata al pittore fondatore della Secessione Viennese. “Klimt Experience” è un evento che invita a lasciarsi andare, chiudere gli occhi e affrontare un viaggio onirico nella vita di un pittore particolare, rivoluzionario. Uomo affascinato dalle donne e dalla loro sensualità espressa sul suo tipico sfondo dorato, i suoi quadri proiettati sulle pareti della navata centrale della Basilica ti rendono partecipe di un vita travagliata, intensa. La Sala degli Specchi consente una visione caleidoscopica dei dettagli più ipnotizzanti; sono esposti gli abiti del salone Flontë, disegnati dalla compagna di vita di Klimt. Culmine del viaggio l’esperienza della realtà aumentata in 3D, esaustiva e realisticamente travolgente. Un modo diverso per comprendere una disciplina sottovalutata, per entrare nella vita di un autore di cui conosciamo passivamente tutti i quadri. Bisogna affrettarsi però: la mostra termina domenica 3 febbraio, tra meno di una settimana. Eppure, non mancheranno altri incontri simili nella stessa Basilica con autori provenienti da ogni parte del mondo, un modo “ristretto” per viaggiare nel tempo e nello spazio. Un compromesso per non lasciare indietro, nella corsa all’utilità estrema, ciò che ha davvero importanza.
A che serve costruire aerei se nessuno ha più il sogno di volare?
A che serve elogiare il genio di un uomo, se quest’ultimo non sa amare?
A che serve andare avanti se non abbiamo gli artisti?

Irene Mascia