Il lavoro fa parte delle nostre vite. Questo lo sanno tutti, questa è la realtà di ciascuno di noi. E questo vale naturalmente per chi un lavoro ce l’ha, per chi si definisce un fortunato. Fruire di un lavoro stabile, oggi, come forse mai nella storia italiana, sembra essere un desiderio che equipara giovani ed adulti, un’ambizione difficile da raggiungere, lenta e piena di ostacoli. Ho avuto la fortuna circa venti anni fa di entrare nel mondo del lavoro. Svolgo la mia attività lavorativa all’interno del porto di Salerno e posso affermare con convinzione di essere molto orgoglioso del mio lavoro. Dalle nostre parti, nella nostra terra, il lavoro portuale per tradizione viene tramandato da padre in figlio, una sorta di arte che si lascia in eredità, di generazione in generazione, un’attività dura ma per chi la passione ce l’ha dentro, piena di soddisfazioni. Negli ultimi anni qualcosa è cambiato in questo mondo, in questo settore troppo spesso dimenticato ma di strategica importanza nazionale. Anche il mio porto, questo lavoro che amo così tanto,ha pagato un prezzo altissimo. Forse quello più alto e quello che mai nessuno dovrebbe pagare.

Negli ultimi anni, due amici, due colleghi, due lavoratori, due padri di famiglia hanno perso la vita mentre svolgevano le loro attività, mentre, come tutti i giorni della loro vita, erano dediti al lavoro, quel lavoro che come me hanno svolto sempre con gran passione e amore. Sembra davvero tutto così surreale quando il pensiero volge a questa triste vicissitudine, perché dopo che si spengono i riflettori sulla dolorosa vicenda, resta la disperazione delle famiglie, resta l’amarezza di non aver potuto fare niente per evitare questa tragedia e solo chi la vive può realmente rendersi conto di cosa si parla. Perché con la vita non si scherza. Perché sul lavoro la sicurezza viene prima di ogni altra cosa, proprio perché è un valore imprescindibile. Ogni anno sono migliaia i lavoratori che perdono la vita durante lo svolgimento delle loro attività lavorative. E questo non dovrebbe mai accadere. Tutti dovrebbero industriarsi affinché i rischi sul posto di lavoro vengano ridotti all’osso, affinché ci sia una vera disciplina sul lavoro nel settore portuale e affinché si contrastino le morti sul lavoro.

Il lavoro su cui si fonda lo Stato italiano e che dovrebbe essere un caposaldo della nostra Costituzione, diventa invece, quando accadano questi drammi, motivo di grandi sofferenze, per i lavoratori del settore e per le loro famiglie. Nonostante siano state emanate delle leggi in cui vengono elencati tutti gli obblighi e le misure di tutela per evitare questa carneficina, la situazione, ad oggi, non sembra migliorare. Forse queste norme non bastano? Dovrebbero esserci maggiori controlli? Si applica davvero la normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori portuali? Si rispettano davvero gli obblighi dei soggetti coinvolti nel sistema di salute e sicurezza dei porti? Di certo qualcosa non funziona! Anche quelle norme che hanno reso il lavoro più precario hanno sicuramente contribuito a rendere sempre più incerte le condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro. Il lavoro deve essere, prima di tutto, un’attività che nobilita l’uomo, di qualunque lavoro si parli, dal più umile al più altamente specializzato e lavorare in sicurezza è un nostro diritto. Guai a calpestare la dignità umana. Questo proprio non possiamo più permettercelo.
Antonello Guerrazzi