Anche quest’anno volevo approfittare dell’ospitalità di ’’art 16’‘ per augurare, a chiunque, le migliori cose possibili dopo il Natale e il Capodanno. Già, le due feste più sentite, con un divario di sette giorni di calendario accontentano tutti, i credenti e i laici, “accussì nisciuno si piglia collera”. Ho detto le più sentite ma forse avrei dovuto dire le più spontaneamente consumate, ma di consumismo non di usura; anche questa è una parola ambivalente, che bello l’italico idioma.

Quando è giunto il momento di recapitare al giornale lo “scritto” all’uopo approntato non me la sono sentita, che succede? Non ero più buono? Eppure le ”feste” erano lì come sempre, si presentavano come al solito in veste tradizionale-innovativa. Oh Dio, non è che poi ci fosse questa gran differenza rispetto alle altre volte. I beni di consumo un po’ più cari, le idee un po’ più povere questo per quanto riguarda la parte “tradizionale”, per “l’innovazione” si vedeva soprattutto dalle enormi e pesantissime palle degli addobbi. Ma allora c’è qualcosa in me che non va, mi sono detto. Dopo lunga ed approfondita ”autoanalisi”, in verità molto dolorosa, ho raccolto tutti i miei dati interiori facendoli elaborare da una “APP” di futura generazione, nome provvisorio tutto l’uomo in tre volumi, il risultato è stato strabiliante. Dai risultati emersi ero sempre lo stesso, la mia insignificante persona non è cambiata, sempre idealista, sognatore, molto Don Della Mancia, allo stato praticamente inutile. La cosa mi ha confortato, sicuro non c’era stato progresso ma neanche regresso, come si dice.. nessuna nuova buona nuova! Però mi arrovellava sempre quel tarlo perché non avevo mandato lo scritto per le feste?

Mentre cercavo di risolvere l’arcano, lo sguardo sì posò sul mappamondo che staziona fisso nell’angolo destro del tavolo che io chiamo pomposamente scrivania. Capiamoci, è un temperamatite con un mini globo tutto colorato, non l’osservatorio di Capodimonte, ed anche quello, il mondo non era cambiato. Sempre rotondo un po’ schiacciato ai poli, un po’ inclinato che continua a ruzzolare nell’infinito, attenti al lupo, scusate c’entra come i cavoli a merenda! E poi.. zac, la lampadina si accende, ecco perché il mondo non mi piace più, perciò non ho inviato nulla al giornale. Fermi, attenzione, non è la palla celeste (quante palle) nello spazio a non piacermi ma è quel mondo esistenziale che gli umani hanno preso mefitico. Guardando quel giocattolino per rifare le punte alle matite, ci sono ancora le matite, e se si, chi le usa?, mi sono passati d’avanti agli occhi gli ultimi accadimenti avvenuti prima delle feste i cui effetti continueranno anche dopo. Gli integralismi tutti, le minacce atomiche, le minacce biologiche, quelle chimiche, altro che fiori nei cannoni, questi ci mettono il lubrificante e i proiettili. Dimenticavo le pulizie etniche, gli stupri di massa, la fame, la pellagra, il morbillo, i virus e gli antivirus, attenti al lupo, riecco i cavoli. Scusate non è che debbo dirvi tutto, lo sapete meglio di me. Comunque anche se in doloso ritardo vi auguro ogni bene, auguri ovunque siete ovunque state, che possiate dire o fare, vi voglio bene. Perdonatemi se vi lascio, ma al di la dei buoni sentimenti che provo, la mia attenzione è reclamata con una certa urgenza dall’intingolo che servirà (lo spero) a rendere squisite le mie tripoline al vellutato di ceci.

Vi saluto e sono L’autoferroagricolo!