In mattinata nulla faceva presagire che quella giornata di fine estate si sarebbe rivelata diversa dalle altre.  Il fortunale colse tutti impreparati, niente faceva immaginare una tale forza distruttrice. Nelle prime ore del pomeriggio quando il tempo del desinare era passato e quello della siesta si era ormai diluito, in cinque   minuti il cielo si fece cupo. In un attimo il sole fu rubato agli umani da una coltre di nuvole nere, si sentiva in sottofondo un “ruggire” come di un respiro cavernoso. D’improvviso un turbinar di foglie, tutto ciò che non era in qualche modo “ancorato” cominciò a volar nell’aria.

Come se un malevolo drago soffiasse con tutte le sue forze, gli alberi si piegarono, i cespugli si sradicarono, volavano vasi da giardino, sedie, tutto quel che si trovava all’esterno in un pomeriggio di fine estate. Non ci fu il tempo di aver paura, come era   venuto il fortissimo vento così se ne andò, come quando in casa c’è corrente e si chiude la finestra. Un secondo di quiete e giù l’acqua a goccioloni, grandi come prugne, pesanti, violenti, cattivi, anche lo scrosciare della pioggia finì così come era giunto senza preavviso. Menomale tutto finito, solo un po’ di spavento e di meraviglia per quella “forza” espressa dalla natura che troppo spesso viene dimenticata.  Ma il fortunale un disagio l’aveva lasciato, l’energia elettrica era venuta a mancare, ognuno pensò sarà una sciocchezza, questione di qualche minuto, ma non fu così. Dopo qualche ora il “disagio” persisteva, squilli di cellulare tra i vicini, i più informati sparsero la voce; giù a valle, vicino alla ferrovia, la violenza del vento aveva divelto alcuni pali dell’elettrodotto, le squadre di manutenzione erano all’opera. Questa la notizia. Le ore trascorsero lente, sulle abitazioni del piccolo borgo calò la sera, niente illuminazione, stop alle tv, a tutto ciò che si alimenta elettricamente.

Ma come, siamo andati sulla luna, si è progettato un viaggio su Marte, adesso calava il buio e non si riparava il guasto?  L’oscurità venne con la sera e continuò per tutta la notte, ormai era chiaro che l’unica luce certa sarebbe stata quella del giorno a venire. Fu giocoforza consumare una frugale cena a lume di candela e con la stessa luce arrivare all’ora del coricarsi, in attesa di   ciò ci ritrovammo riuniti in una stanza, con tre candele, a ritrovare la voglia di raccontare storie lontane, sentite dai genitori o dai nonni. La cosa bella era come se fosse tornata anche la capacità di “ascoltare”, già   prima  passavano così le serate le persone, tutti insieme a far gruppo comunicando. Il piacere di conversare gradualmente ci sommerse, meravigliati in modo positivo di come si potesse star così bene al suono della   sola voce umana, anche senza la tv. Lontani dalla violenza di notizie “separate” dal video con la filosofia del ”do coglio coglio”. Non è vero che c’eravamo isolati dal mondo reale, ma nel vivere quella esperienza, nel ritrovare un filo di comunicazione tra umani. Alcuni si resero conto che quel “mondo urlato” ci voleva   divisi.  Si, ognuno a guardare il ”pensatore” preferito e sul suo blaterare farsi un’opinione. Chi l’ha detto che in quella sera senza elettricità ci vedemmo poco? Quelle candele sono state un faro, “un sole” nel buio, grazie al fortunale.

Vi saluto e sono L’autoferroagricolo!