La giornata era trascorsa lenta, pesante esistenzialmente ”untuosa’‘, meno male era finita! Questo è ciò che si diceva Xavier mentre spegneva la tv, aveva visto il notiziario della notte come ultimo atto di quel giorno da archiviare. Già, da archiviare, stancamente spense le luci e si avviò per il lungo corridoio onde conquistare così il giaciglio. Al pensiero di quell’atto così banale, così quotidiano, non provò il solito senso di pace che l’infilarsi nelle coltri di solito gli dava. A pensarci bene era da un po’ di tempo che quella semplice azione non provocava in lui la “quiete” tipica di ”fine giornata”. Sicuro c’era da considerare il tempo, ma anche il mondo che cambiava, forse tropo velocemente. Eppure quel sordo languore dal retrogusto amaro era frutto di qualcosa che al momento era sfuggente. Quel corridoio non era mai sembrato così lungo a Xavier, ormai perso nel turbinio della propria esistenzialità. I ricordi di sensazioni furono richiamati dalla sua memoria, pian piano cominciò a delinearsi un percorso “logico” per risalire all’origine di quel malessere. Si rivide quando grazie alla lettura collettiva imposta dall’insegnante in quinta elementare, nel pomeriggio dopo il desinare, tutti i maschietti della classe si recavano presso il rudere di una vecchia fattoria abbandonata “armati” di bastoncini di legno che la loro immaginazione faceva diventare spade sfidandosi a singolar tenzone. Ogni uno dei “guerreggianti” per tutto il tempo ludico, appropriava il nome di un personaggio del libro di lettura collettiva. Xavier si era scelto quello di “Tancredi”, poi c’erano i “Goffredo”, il feroce “Saladino” e così via. Bella forza, ero un bambino si disse, ma poi ricordò anche sensazioni da adolescente, i primi tormenti, le insicurezze di giovane uomo, le certezze della maturità, le riflessioni portate dai primi fili d’argento nei capelli.
No, c’era qualcosa che gli sfuggiva, non riusciva a mettere a fuoco cosa provocasse quell’amarezza. Strano, lui era sempre stato una persona estroversa, amante della vita, sapeva gioire delle buone amicizie, godeva del buon cibo e del buon vino, non era mai stato un “tetragono”. Anche i suoi “amori” aveva vissuto come un dono dell’esistere e quando erano finiti aveva vissuto il dolore senza lacrime. Quando era giovanotto sorrideva nel sentire in commenti degli ”anziani” in merito alle minigonne: “ah” dicevano, “se fossi nato dopo”.. Pensando a ciò, Xavier si diceva che avevano ragione, anche lui sarebbe voluto nascere dopo, avrebbe così potuto vedere meraviglie future che il suo tempo gli avrebbe sottratto. Ma sicuro, la conquista dello spazio, la nuova frontiera. Il magnifico avvenire che apriva l’universo all’uomo, una nuova epopea dove ci fosse opportunità per tutti, mondi nuovi dove l’umanità imparando dagli errori fatti costruisse un radioso comune futuro. Ma certo perché no, un nuovo “sol dell’avvenire”. Quando Xavier pensava a questo quasi si arrabbiava per il fatto di non poter essere testimone di quei mirabili eventi avvenire. Il corridoio sembrava infinito e la soglia della camera da letto lontana, Xavier capì cosa gli dava tristezza. Non era un dolore per sé, ma per tutti. Razionalizzò il malessere, quel che vide non gli garbò per niente. In tutto era dovuto a come le cose erano andate, quel che era successo e quel che non era avvenuto.
L’umanità, meschina, non si era espansa ma raggruppata in uno spazio sempre più ristretto. Affastellati uno sull’altro gli esseri umani piccoli e ciechi non pensavano più in “grande”, non progettavano il futuro, ma si chiudevano egoisticamente ed aridamente sui problemi dell’oggi senza domani, senza “visioni d’insieme”. Ma come si fa a non capire che senza domani l’oggi perisce. Xavier tornava sempre lì, qualunque ragionamento facesse, il delitto più grande è togliere la speranza, nei fatti non c’è futuro ed il presente diventa amaro. Il mondo sottosopra. Quando Xavier era ragazzo c’era il rimpianto d’essere nati troppo presto e perciò perdere l’avvenire. Oggi viene quasi voglia di dire per fortuna quando sarà non ci sarò, meno male che sono nato prima, non c’è niente da gioire nel non-futuro che verrà. Mentre il mondo muore ogni giorno un po’ grazie all’opera dell’uomo, invece di trovare soluzioni l’umanità diventa cattiva, alza muri, discrimina, sì sbudella allegramente, sottraendo al domani la vita di tutti, rendendo invivibile il nostro habitat. Il corridoio è finito, Xavier consapevole d’aver trovato risposta ai suoi affanni esistenziali si adagia sul letto, senza gioia, senza avere il senso della giornata compiuta. Meno male che sono nato prima, si dice.
Vi saluto e sono L’autoferroagricolo!