Per tutti i Lavoratori il momento della pensione, giunto a conclusione di un lungo percorso lavorativo, rappresenta un traguardo importante nella vita, una meta tanto ambita che però, nel caso specifico dei circa duecento dipendenti della ex Eavbus, si è trasformata invece in una vera e propria odissea a causa del mancato riconoscimento del trattamento di fine rapporto.
Il Tfr, meglio conosciuto come liquidazione o buonuscita, è una particolare indennità, regolata dall’articolo 2120 del Codice Civile e riformata dal Dlgs. n. 252/2005 (T.U. della previdenza complementare), accantonata attraverso il datore di lavoro o fondi pensione che, di regola, viene pagato al momento della cessazione, per qualsiasi motivazione, del rapporto di lavoro.
Per comprendere meglio la vicenda che ha coinvolto i lavoratori ex Eavbus, da diversi anni in attesa del Tfr, bisogna riavvolgere il nastro e ripercorrere la storia, seppur breve, della fallita azienda di trasporto pubblico locale di esclusiva proprietà della Regione Campania, nata nel 2008 e fallita appena 4 anni dopo; modalità di fallimento sulle quali, tuttavia, si nutrono ancora grandi perplessità così come, allo stato, restano sconosciute ed impunite eventuali responsabilità sull’ulteriore debacle dei trasporti campani, un tracollo che direttamente ha colpito i lavoratori ai quali sono ancora negati i propri diritti.
La Sezione Fallimentare del Tribunale di Napoli, infatti, il 14/11/2012 dichiarava fallita la Eavbus, azienda di tpl su gomma, già controllata della holding regionale Eav che nel 2008 aveva inglobato tra l’altro i servizi su gomma della ex Circumvesuviana, Sepsa e Metrocampania nord-est, e per tale motivo le attività svolte dalla stessa società venivano proseguite prima con la formula dell’esercizio provvisorio, poi con fitto d’azienda ed infine affidate dalla Regione Campania sempre all’Eav S.r.l., il tutto senza soluzione di continuità, con la conseguenza che i lavoratori, dalla data del fallimento, non hanno mai interrotto il rapporto di lavoro. Di lì in poi, in materia di Tfr, è diventato tutto un calvario. Infatti, i lavoratori che hanno cessato l’attività lavorativa per il raggiungimento dei requisiti pensionistici, seppur ammessi allo stato passivo del fallimento come creditori privilegiati, da un lato non hanno ricevuto iImmagine1l trattamento di fine rapporto, dall’altro ancora non conoscono il soggetto che deve riconoscere tale indennità. Uno stato di confusione e di incertezze alimentato oltremodo da due sentenze giuridicamente contrapposte tra loro; la prima depositata presso il Tribunale di Torre Annunziata, a seguito di un ricorso presentato da un ex lavoratore Eavbus, ha stabilito che il pagamento del Tfr non rientra nel passivo fallimentare, in quanto i lavoratori, a seguito del fallimento, non essendo stati licenziati ed avendo prestato la propria attività lavorativa, senza mai interromperla, alle dipendenze della Eav S.r.l., nessuna somma possono rivendicare nei confronti della Curatela fallimentare dovendone rispondere invece il soggetto con cui si è proseguito il rapporto di lavoro; l’altra, depositata precedentemente dal Tribunale di Napoli, contraddice completamente tale tesi, sollevando l’Eav Holding dall’onere del pagamento delle somme, legittimamente rivendicate dai lavoratori, obbligando pertanto la Curatela Fallimentare ad accollarsi le stesse.
In linea generale la disciplina del trattamento di fine rapporto e le norme in materia pensionistica, ai sensi della Legge 297/1982, definiscono che, in caso di insolvenza del datore di lavoro e in seguito all’apertura di una procedura concorsuale o esecuzione individuale, il Tfr debitamente accertato e determinato a seconda delle procedure, viene erogato ai lavoratori dal Fondo di Garanzia tramite l’Inps. Il Fondo di Garanzia interviene in tutti i casi di cessazione del rapporto di lavoro subordinato a condizione che sia stato accertato lo stato di insolvenza del datore di lavoro.
A questo punto viene da chiedere: i lavoratori ex Eavbus rientrano in questa fattispecie? Sembrerebbe di no! Oltretutto, a giudicare dalle sentenze non vi è un orientamento preciso della Magistratura, così come a prescindere dalle buone intenzioni delle parti coinvolte, non è stata trovata, ad oggi, una soluzione per sanare una vicenda paragonabile solo alla vergogna nazionale degli “esodati”. Intanto, è iniziato finalmente un vero e proprio confronto di merito tra le parti, ovvero tra la Curatela Fallimentare ed Eav, anche grazie alla mediazione della Prefettura di Napoli allo scopo di agevolare un’intesa che tuttavia appare ancora lontana. Infatti, le diverse posizioni assunte, ancora troppo distanti, non hanno consentito di raggiungere un accordo e porre rimedio al grave danno economico subito dai dipendenti, in particolare da coloro che, pur raggiungendo la meritata pensione dopo la data del fallimento, non hanno ricevuto le somme previste dalla liquidazione maturate sino a novembre 2012. Nel confronto tra le parti, secondo le prime notizie, sarebbero emerse le rivendicazioni della curatela nei confronti di Eav, l’organismo fallimentare, al riguardo, avrebbe chiesto alla holding regionale non solo il riconoscimento delle somme messe a bilancio nel passivo, pari a circa 27 milioni di euro (di cui circa 23 Tfr), ma anche di farsi carico del Tfr dei lavoratori; una richiesta evidentemente impropria per Eav, sia sul piano sostanziale, tenendo presente gli enormi problemi finanziari già esistenti, sia su quello giuridico, poiché, con tale sistema, il Tfr sarebbe trasferito due volte: la prima al passivo del fallimento, la seconda ai lavoratori.
Continuano, insomma, i rimpalli di responsabilità in una vicenda dove si stanno calpestando i sacrosanti diritti dei lavoratori posti in quiescenza, lavoratori ancora in cerca della verità, che avevano riposto nel Tfr le loro legittime aspettative; in definitiva una condizione ambigua che, in ogni caso, coinvolge anche tutti gli altri dipendenti della ex Eavbus ancora in attività.
Una situazione non più tollerabile a cui bisogna urgentemente porre rimedio al fine di garantire ai lavoratori la corresponsione del trattamento di fine rapporto.
Pierino Ferraiuolo