“Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio” è un romanzo di Amara Lakhous, filosofo, antropologo e giornalista, Algerino di nascita ed Italiano di adozione, pubblicato nel 2006 dalla casa editrice E/O. Il romanzo è la riscrittura in lingua italiana di una prima versione pubblicata nel 2003 in Algeria dal titolo “Come farti allattare dalla lupa senza che ti morda”.

La vicenda si snoda in un condominio di Piazza Vittorio, nel quartiere Esquilino di Roma, dove vivono immigrati di varie nazionalità ed italiani di varie regioni, una piccola comunità multiculturale in cui gli svariati personaggi competono per uno spazio comune e condiviso: l’ascensore. Questo non-luogo, metafora di ascesa e discesa della vita, di dislivelli sociali, è lo scenario del ritrovamento del corpo senza vita di Lorenzo Manfredini, losco personaggio soprannominato il “Gladiatore”, intorno al cui omicidio ruota tutto il romanzo. Amedeo/ Ahmed, protagonista del romanzo, è sospettato dell’omicidio perché sparito.

Ahmed è un algerino creduto italiano, che tutti chiamano Amedeo, persona colta, che conosce Roma e la sua storia più di ogni romano, parla un perfetto italiano ed esprime la sua grande abilità di mediazione placando litigi, malumori e fraintesi tra i personaggi del romanzo, spesso dovuti alla loro visione stereotipata verso gli altri.

Un romanzo giallo, in cui, grazie alle indagini del Commissario Bettarini, si aprono ad una ad una le diverse “stanze identitarie”, i vari personaggi del plot esprimono una propria “verità” in ogni capitolo. Un’alternanza di narrazioni dei condomini del palazzo. Undici verità per altrettanti personaggi a cui si alternano gli “ululati”, frammenti di una sorta di diario segreto che Amedeo/Ahmed registra di sera nell’intimità della stanza da bagno, momenti in cui racconta la sua verità, il suo punto di vista, la sua realtà interiore e psicologica.

Un espediente, quello del giallo, che l’autore usa, insieme alle caratteristiche della “commedia all’italiana”, quali l’ironia e le caratterizzazioni umoristiche e caricaturali dei personaggi, per narrare le difficoltà di convivenza quotidiana delle diversità culturali. Ciascun personaggio rappresenta uno stereotipo, una mentalità, ed è connotato da un’identità ben delineata. Come ad esempio: la portiera napoletana, Benedetta Esposito, ricca di pregiudizi su tutti gli abitanti del palazzo, ma che ammira Amedeo perché non usa mai l’ascensore (grazie alla sua claustrofobia, è l’unico che non prende quel metaforico ascensore, è l’unico libero da pregiudizi); il cuoco Parviz, l’amico iraniano di Amedeo che per il fatto che non parli italiano trova solo lavori da lavapiatti, odia la pizza ed il cibo italiano, dà da mangiare ai piccioni di piazza Santa Maria Maggiore e viene accusato di vendere droga; il venditore di alimenti proveniente dal Bangladesh Iqbal Amir Allah, vittima di un’inversione tra nome e cognome vive un vero dramma, teme di mutare la propria identità e di essere scambiato per un terrorista, decide quindi di dare un nome italiano, Roberto, ad un eventuale figlio onde evitare confusione; la peruviana Maria Cristina, scambiata per filippina solo perché fa la badante, che vive nel terrore di essere scoperta clandestina e perdere il lavoro, per cui subisce qualsiasi sopruso ed offesa da chiunque e si rinchiude nel suo mondo fatto di televisione ingozzandosi di cibo; la signora Elisabetta che vive esclusivamente per il suo cagnolino Valentino, alla scomparsa del quale accusa i cinesi di averlo rapito per mangiarlo; il professore Marini, milanese che disprezza tutti coloro che sono nati da Roma in giù; il biondo, l’olandese Johan, studente di cinematografia, che sogna di realizzare un film sulle storie dei condomini; molti personaggi che si intrecciano con altre voci, altre generalizzazioni, altri cliché: romanisti che odiano i laziali, romani contro napoletani, bengalesi scambiati per pakistani, nord contro sud, Van Basten contro Gentile, e così via dicendo… condizionamenti culturali che colpiscono ognuno di noi, attivamente o passivamente, nel nostro quotidiano.

Il romanzo tratta nella sua sostanza il fenomeno dell’immigrazione, il tema dell’integrazione, e lo fa proponendo una scrittura che per molti è stata interpretata come una ri-scrittura di un grande autore italiano, Carlo Emilio Gadda, e in particolare con il romanzo “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, così come evidenziato anche nel risvolto di copertina della sua prima edizione. Molti sono i parallelismi tra i due romanzi: l’ambientazione, l’omicidio, l’uso di termini dialettali (in Lakhous anche diversi forestierismi), la ricerca della verità, l’ironia.

“Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio” è un romanzo caratterizzato dall’intertestualità, ricco di citazioni e di riferimenti, non solo alla commedia all’italiana, come già accennato, ma anche a testate giornalistiche, programmi televisivi, al gioco del calcio, ai media e a quanta influenza hanno sull’immaginario collettivo.

Molti i rimandi anche a Leonardo Sciascia, autore molto apprezzato da Lakhous per aver saputo narrare la realtà siciliana attraverso il romanzo giallo e per la sua visione della letteratura come strumento per la ricerca della verità.

Un romanzo che si legge tutto d’un fiato, che si inizia sorridendo e si termina con profonde riflessioni. Riflessioni sulla nostra identità, sull’importanza di un nome, di come un accento, un’aggiunta di consonante o di vocale, un nome rovesciato possano cambiare la personalità di un individuo.

Amhed, scambiato per un romanesco Amedè da Sandro Dandini quando gli si presenta, diventa Amedeo, che per tutti “non può essere uno straniero”. La sua perfetta conoscenza della lingua italiana e della città di Roma hanno fatto in modo che potesse scavalcare quella precarietà dell’identità che è propria di chi lascia le proprie radici.

“Ormai conosco Roma come vi fossi nato e non l’avessi mai lasciata. Ho il diritto di chiedermi: sono bastardo come i gemelli Romolo e Remo oppure un figlio adottivo? La domanda fondamentale è: come farmi allattare dalla lupa senza che mi morda? Adesso almeno devo perfezionare l’ululato come un vero lupo: Auuuuuuuuuuuu …”