22 giugno 2019. Reggio Calabria. Sembra una giornata come le altre, un caldo estivo molto forte, un cielo di un azzurro intenso, la voce della gente per strada. Qualcosa si muove, c’è qualcosa nell’aria che la rende più frizzante, i rumori e i suoni crescono a dismisura. Pullman carichi di persone che provengono da ogni parte di Italia, gente che scende a flotta dai treni in arrivo alla stazione centrale di Reggio Calabria, all’estremità del lungomare Falcomatà, sulla principale piazza Giuseppe Garibaldi, parcheggi che si affollano di automobili. In poco tempo la città calabrese è presa d’assalto; una fiumana di persone nelle strade sventolano le proprie bandiere, fischietti, cappellini, striscioni, megafoni, tutti insieme per ripartire dal Sud, per unire il Paese. La Uil, insieme alla Cgil e Cisl, scende così in piazza per chiedere lavoro, crescita, legalità e lo sviluppo del Mezzogiorno. Lavoratori, giovani, pensionati, donne e uomini provenienti da tutta Italia per dare un segnale forte al Governo, perché il Mezzogiorno è uno dei temi più trascurati nel dibattito politico e bisogna ridare fiducia e speranza alla gente e ripartire proprio dal Sud, dimostrare che c’è la possibilità di un nuovo modello di sviluppo, più lavoro, più infrastrutture, più investimenti. La questione del Mezzogiorno deve diventare una questione di interesse nazionale, essere al centro dell’agenda politica del nostro Governo e la piazza di Reggio Calabria ha chiesto questo, un grande programma di intervento straordinario del Mezzogiorno a sostegno degli investimenti pubblici e dei servizi sociali e civili di questo Paese.

Il Sud ha bisogno di rilancio, di investimenti, ha bisogno di ripartire, ha bisogno di prospettive future e speranze per le nuove generazioni. La rinascita del Paese deve partire da qui, da quel territorio soggetto ad una forte disoccupazione, ad una mancanza di infrastrutture e servizi adeguati. La responsabilità è di tutti. È di tutti quelli che hanno l’intenzione di martoriarla questa parte del Paese, di coloro che hanno deciso che al Sud esiste solo una drammatica debolezza del capitale sociale, mancanza di spirito imprenditoriale e senso civico. Una spirale che moltiplica il divario con l’altra parte del Paese e rischia di renderlo irreversibile. E noi non dobbiamo sentirci impotenti e depressi. A noi la voce non deve mancare. La voce di denunciare, la voce di chiedere qualcosa di meglio per la nostra terra, la voce di dire basta al disagio sociale, quel disagio che ha esaltato quella divaricazione tra i due emisferi, da un lato quello che si sente parte dell’Europa forte, dall’altro quello che si sente risucchiato in una condizione periferica. La politica ha ignorato il vero problema del Mezzogiorno d’Italia, la politica e chi ha le mani su questo territorio ha sparso solo ingiustificato ottimismo, senza mettere in campo delle vere politiche incisive. Riconoscere gli errori e le differenze è importante per migliorare ma è fondamentale decidere come poter crescere.

Se i soldi mancano è fondamentale poi sapere anche utilizzarli in maniera adeguata quando ci sono, saper investire le risorse disponibili, dotare il territorio di infrastrutture, di trasporto, di reti idriche, di edifici scolastici, di strutture sanitarie. Quello che manca al nostro Mezzogiorno è la fiducia in se stesso, la convinzione di poter iniziare una nuova storia. E quello che è accaduto a Reggio Calabria il 22 giugno è la prova che si vuole ridare al Sud la voglia di pensare al futuro e di impedire agli altri di credere di poter fare a meno del Sud. Noi ci crediamo.