Il fenomeno della devianza minorile non è nuovo nella nostra città, ma la sua escalation e la sua diffusione territoriale è oggi più che mai un altro segnale di allarme che non può registrare stancamente l’indignazione, come se fosse un atto dovuto e rubricabile nel novero delle espressioni di giustizia e solidarietà che in questi, come in molti altri casi, si registrano per un po’ di giorni per poi finire nel dimenticatoio, affidando ad ognuno le esternazioni secondo le quali c’è sempre qualcuno che deve fare qualcosa, diverso da se stesso.
L’arretramento dello Stato e delle sue espressioni territoriali è l’elemento che si registra senza soluzione di continuità su tutto il territorio, quindi indipendentemente dalla natura e dalla storia culturale, politica e sociale delle comunità, ogni quartiere, ogni comune indipendentemente anche dalla realtà economica è a rischio, senza alcuna possibilità di sentirsi a riparo da accadimenti generati da giovani del posto o che arrivano da quartieri e comuni limitrofi.

La prevenzione, richiesta e annunciata solo in questi casi, non può essere cosa astratta, e soprattutto non è e non può essere pensata come un’opera di polizia o di militarizzazione del territorio! Ristabilire le regole del vivere civile significa ricominciare a prendersi cura dei giovani e dei bambini in ogni loro espressione, ripensando a ciò che gli viene sistematicamente negato con l’abbandono di ogni forma di espressione sociale e luoghi d incontro. Che fine hanno fatto le biblioteche di quartiere? Si pensi che nel rione Ina Casa di Secondigliano, ancora prima che nascesse Scampia, non vi era la scuola media ma c’era la biblioteca. Come è possibile che in tutta la città non è possibile utilizzare le palestre scolastiche, con la negazione dello sport anche in presenza di strutture pubbliche? Perché per accedere a strutture pubbliche come teatri, piscine, palestre e campi di basket o pallavolo, si devono pagare rette ingenti per consentire alle società o alle associazioni di sostenerne i canoni di utilizzo, fino a segnare un altro isolamento di quei giovani sempre più soli.

Lasciare le aziende di Trasporto sempre più teatro di episodi di violenza urbana, sole alla loro impotenza di fronte alla ormai consueta evasione tariffaria, senza preoccuparsi non solo del danno economico ma del devastante segnale di impunità che da esso deriva, è un primo e grave danno che si arreca ad un ragazzo che si affaccia al mondo, che sistematicamente lo respinge nel migliore dei casi ignorandolo, per poi provarne a fare un soggetto da perseguire. Il sistema Trasporti non è immune dallo stato di abbandono che i minori percepiscono nelle nostre comunità, potrebbe essere il mezzo per abbattere le barriere tra comunità e pertanto andrebbe garantito e messo in rete, diversamente da ciò che avviene con l’isolamento e l’abbandono in cui versano lavoratori e aziende, sempre più vittime di gestioni approssimative e inadeguate.

Se un ragazzo pensa impunemente di viaggiare, danneggiare e aggredire operatori e mezzi bisogna intervenire subito, prima di doversene poi dolere per non aver trasferito l’importanza e la ineluttabilità di un bene comune. Prevenire, controllare, coinvolgere e investire in qualità e garanzia del servizio potrebbe essere, con il sistema Trasporti, un primo grado di ripresa di un territorio e di un servizio, che se funziona può costituire un primo dettaglio per uno stato che vuole riprendersi le proprie responsabilità, verso aggrediti e aggressori che restano tutti vittime di uno stato di cose che non hanno scelto. Risorse e non tagli, investimenti e non chiusure, selezione di risorse umane e tecniche senza familismi e appartenenze non sono più rinviabili, per non dover poi dire agli altri cosa fare senza sentirsi responsabili.