Carissimo, è una giornata grigia, di quelle in cui il grigiore ti entra nelle ossa. Avrei voglia di novità, non qualcosa di eclatante ma nuova, quanto basta a spezzare la grigia atmosfera di questa giornata d’inverno. Così, come sempre più spesso succede, ti parlo scrivendoti, questo mi aiuterà ad accantonare l’uggia che riempie l’aria. Siamo insofferenti, le ansie che aumentano ad ogni cambio di stagione, come se fosse la stagione a renderci insofferenti, menomale che le stagioni hanno i loro tempi, se fosse per le persone ne cambieremmo una al giorno. Ho atteso quest’inverno come si aspetta un elleno purificatore, come la possibilità di vedermi dentro, risistemare il mio esistenziale e prepararmi al nuovo. Mi ha concesso dei bei momenti quest’inverno, vissuti appieno ed intensamente, come la nevicata a casa dei nonni che ti ho descritto la volta scorsa. Queste giornate incolori mi hanno fatto stancare di una cosa pur molto desiderata, a pensarci bene, proprio come un amore finito. Ma mi rendo conto adesso di aspettare con brama la primavera, come quando si rompe una storia si sta un po’ male però poi ci si rende conto che siamo pronti ad un’altra puntata della vita. Quando si esaurisce un amore si sta male e poi si ama di nuovo. Questo salire e scendere dei sentimenti mi ricorda il moto dei mammiferi marini, giù negli abissi e subito su, all’aria.  Non fraintendere, parlo d’amore in termini generali.

La vita è amore, su questo sono d’accordo con i credenti.  Se l’amore “muove il sole e tutte le altre stelle”, per dirla come il poeta, bisogna ammettere che questa affermazione ha implicazioni vastissime, si fa presto a dire l’amor sacro e l’amor profano. C’è chi stravede per la trippa e fagioli o per le tartine al caviale, anche queste forme d’amore, le due cose sono strettamente intrecciate, la materia e lo spirito, prima l’uovo o la gallina? A quale donna non farebbe piacere il principe azzurro sul bianco cavallo? Sia nelle brume del nord che nei deserti del sud, con mazzi di splendidi fiori, modi gentili, sguardi dolci e consapevoli, chi di noi donne non bramerebbe all’algida elevazione dei sentimenti più nobili? Certamente altrettanto piacere farebbe, almeno una volta nella vita, sentirsi dire come Goethe disse alla signora Vulpius “giungi a buon punto, mia diletta, stavo appunto per recitare un pensiero che parla di te; se qualcuno paragonasse la tua figura ad un ramo fiorito, un tal paragone sarebbe falso e mentoniero, il ramo è più bello trovarlo rivestito, mentre tu sei più bella a trovarti ignuda”.
Ancora ti scriverò e sempre ti ringrazierò per la tua disponibilità nel leggermi. Un ultimo vezzo: tu sai che io porto due nomi propri che mi sono stati imposti dai genitori, oggi mi firmerò con il secondo nome che è quello della nonna. Mi è d’improvviso tornato caro.  Ciao alla prossima, salutami chi vuoi RUJA MARR!