Inizia a veder terra la riforma del sistema portuale italiano, mancano solo alcuni passaggi in Conferenza delle Regioni, in Consiglio di Stato e presso le Commissioni Parlamentari, dopodiché la legge di riforma approderà definitivamente stabilendo un pro-fondo mutamento delle regole che fin qui hanno normato il sistema. Una vera e propria riorganizzazione che attraverso una razionale semplificazione mette a fattor comune le potenzialità dei porti italiani a discapito della concorrenza che fino ad oggi ha impedito la crescita dei sistemi logistici della noautoristra nazione nonostante la sua favorevole disposizione geografica che la assimila ad un molo naturale che si estende nel mediterraneo. L’esperienza della portualità campana è l’esempio più calzante delle difficoltà che la legge 84/94 ha prodotto negli ultimi anni. Due Autorità portuali, Napoli e Salerno, che non hanno mai comunicato, anzi, sempre molto attente alla propria crescita l’una a discapito dell’altra, due piccole repubbliche in eterna concorrenza. Il porto di Napoli, che potrebbe essere il volano dell’economia campana, attualmente è un sito ingovernato, anarchico, il crocevia della cattiva politica che da anni ormai attanaglia la regione Campania. Il ritorno a Bruxelles di quasi 150 milioni di euro per fondi non spesi, testimonia l’assenza di una politica gestionale incapace di promuovere progetti, all’apparenza semplici, come l’escavo dei fondali, escavo necessario per permettere l’ingresso delle navi di grande stazza. Tutto parte da lì, o meglio, non arriva lì, ed il sistema produttivo inizia perdere colpi a danno delle imprese ma soprattutto dei lavoratori del porto, peraltro tutto ciò accade in un sistema di assoluta concorrenza e l’inesistenza di una razionalizzazione dei costi genera azioni fratricide tra porti dello stesso territorio. Infatti, nello stesso tempo il porto di Salerno, approfittando delle defaillance napoletane inizia ad intercettare le attività di operatori che si allontanano dallo scalo napoletano, offrendo un servizio migliore a prezzi più contenuti, una scelta che oggi paga ma che in prospettiva potrebbe rivelarsi perdente, primo perché i grandi traffici continuano a saltare sia Napoli che Salerno, poi perché, concretizzatasi l’opera del “Grande Progetto”, il porto di Napoli, tornando ai vecchi fasti, potrebbe riprendersi di nuovo le attività del porto di Salerno. La riforma Del Rio, invece, nasce con un’ottica di respiro nazionale, proprio per vincere questi provincialismi, nasce per assicurare un sistema di regole, a cominciare dalla creazione di quindici nuove Autorità di Sistema Portuale le quali, coordinate dal tavolo nazionale ministeriale, potranno muover-si tutte in un’unica strategia per recuperare capacità competitiva e per evitare le sovrapposizioni e le duplicazioni ad oggi esistenti. Solo così, attraverso un’unica cabina di regia nazionale, si potrà finalmente approntare un piano del trasporto e della logistica. Insomma, una riforma da applicare nel più breve tempo possibile, specialmente per il Sud del Paese che dall’Autorità di Sistema Portuale Calabrese, Pugliese ma soprattutto Campana potrebbe cogliere quelle occasioni di sviluppo per favorire tutta l’economia del Paese e, perché no, dare una risposta in termini occupazionali ai nostri figli che continua-no ad essere inoccupati nonostante qualche capello bianco che inizia a spuntare anche sulle loro teste.

Antonio Aiello